Il parapetto era freddo. Niente a che vedere con l'aria che carezzava gli impronunciabili occhi di Carla, vento dei tropici che trasportava l'odore delle banane ma anche quello delle baracche intorno alla città che davano sull'oceano anch'esse, odore di uomini poveri, di strade in terra battuta spesso umide e di tetti di lamiera, un odore che spezzava il suo cuore invero troppo delicato ed illuso che nei paesi del sole anche la miseria fosse sopportabile. Certo, non facciamone un dramma da rivista rosa nel negozio di parrucchiera a Rio, occhioni di bambini spauriti ed affamati, madri con loro in braccio ed i padri, questo davvero strano, che non si sa mai dove siano e forse è sottinteso anche lì un bar o è soltanto pietismo da giornale a fumetti, ma è certo che i circoli anche Iì vi siano e, magari coi tavoli sporchi, non mancano le carte e il vino perché nei paesi che vivono alla metà degli oceani è pur vero che ci sia la povertà ma sarebbe una menzogna negare loro l'esistenza di una felicità, certo nascosta agli occhi di chi ha sempre vissuto in un'isola del Mediterraneo ma non abbiate paura per lei, Carla era in grado benissimo di scoprirla.
Scese dal piroscafo che era già mattina inoltrata. A proposito, nessuno al bar notò mai il particolare dell'uso dei transatlantici, peraltro poco diffuso in quanto quasi tutti quelli che si recano oltre l'oceano usano l'aereo, forse saranno stati distratti, stanchi, certo in un paese di mare l'estate è particolarmente faticosa, oppure sarà sembrato loro del tutto normale semplicemente perché i pesci non volano, chissà, comunque almeno abbiamo evitato una delle solite infruttuose polemiche. Scese e per un attimo credette di essere vittima di un abbaglio: le case ammucchiate in salita davanti al mare, gli odori, persino gli uomini gli parvero familiari, tanto da dubitare addirittura di essere mai partita. Ma via signorina poche storie che basta una collinetta ed un po' d'acqua per far sì che i porti siano tutti uguali, già ma se si parlasse di un porto di pianura? Quelli di pianura sono un'altra storia e poi sono rari. Rari? Ma quando mai, forse addirittura sono la maggioranza. Scommettiamo? No, a questo punto intervengo e vi proibisco di continuare perché se non avete voglia di ascoltare la storia di Carla, ma di quale Carla? Non fate i sottili per favore e dunque se avete voglia di disturbare venite al bar il giorno che si parla di qualcun altro, va bene va bene smettiamo, scherziamo un po' per allentare la tensione, il coinvolgimento emotivo. E quali sarebbero per curiosità i possessori di tali raffinate emozioni in questa degna congrega? Scusate, mi lascio prendere la mano, passiamoci sopra e proseguiamo ma, visto che tanto abbiamo interrotto, non prima di aver sviscerato appieno un dilemma angoscioso che poc'anzi mi assillava; nessuno di voi sa chi sia quella bella ragazza entrata a comprare le sigarette?
Sì, Carla arrivò. Anche se non fumava e quindi nessun tabaccaio o avventore se la vide davanti a chiedergli magari sigarette italiane, arrivò e, neanche a farlo apposta, entrò subito in un bar. Si sedette al tavolo più vicino alla vetrata, sì, da lì poteva controllare perfettamente chi scendeva dalla nave: a conti fatti, visto che lei era stata fra i primi, al massimo avrebbe dovuto attendere mezz'ora.
Il barista, che si chiamava Paulo, niente male come nome per un barman, quasi quasi cambio il mio, in Comune dirò che sono diventato esterofilo, taccia per favore signor Franco questi sono problemi suoi e non interessano il lettore; dunque il barista arrivò al tavolo di Carla, lei gli ordinò una birra e nello stesso tempo, in un attimo, però come sono facili da convincere gli uomini, si mise d'accordo che ad un suo segnale lui sarebbe venuto a sederle accanto, certo uno scherzo, questi stranieri sono davvero imprevedibili.
Mentre aspettava si mise a pensare a Giancarlo. Erano al bar di prua a giocare a carte, presso tavoli separati, finché entrambi erano stati estromessi dal gioco non si sa se per sfortuna o pavidità e così si erano incontrati in quello che è il limbo dei giocatori inetti: la sala dei giochi elettronici. Niente da dire, Carla giocava molto bene a flipper, ma non ci interessa più di tanto, a lui invece certo che sì perché aveva paura di perdere, noi facciamo un'ellissi e gli inquadriamo di nuovo sempre a prua ma sul ponte sotto il sole ingannevole della mezza estate che avevano già fatto amicizia e non si scambiarono è vero i numeri telefonici ma non sarebbe stato possibile poiché lei fuggiva e lui avrebbe voluto fare altrettanto però un bacio sì, quello davvero venne visto volare.
Così Giancarlo scese la fatidica scaletta, lei lo vide, fece un cenno a Paulo e quando lui entrò nel bar per cercarla la vide che scherzava seduta accanto ad un uomo. Per Giancarlo fu un leggero choc ma, come previsto, non solo subito si riprese, che donna leggera, come una farfalla certo, però che baci, ma addirittura solo in quel momento fu assalito da un malessere fisico derivante dal pensiero di perderla, dovette sedersi, gli sudava la fronte e non aveva più la voce ferma nell'ordinare la consumazione, intanto lei sorrideva a Paulo. Se la perdita del controllo sui propri muscoli possa essere considerato amore, se l'ansia che attanaglia il torace fino a farlo dolere proprio come se davvero come dicono i poeti e non è senso figurato il cuore si spezzasse rappresenti l'esistenza di quel sentimento è cosa sulla quale dall'eternità si discute e viene il dubbio che anche un simposio fra tutti i frequentatori di bar dell'isola non riuscirebbe a risolvere niente. L'unica cosa di cui siamo certi è che, se di amore si trattava, non era propriamente del genere etereo.
Così Carla se ne andò con lui, Giancarlo doveva eseguire dei sopralluoghi per una ditta europea. Dopo due giorni trascorsi a Bahìa si incamminarono verso l'interno lasciandosi alle spalle il bianco golfo con lui che era certo di averla avuta ma nutriva numerosi dubbi sulle possibilità di tenerla e se Carla in fondo giocasse col fuoco, se avesse costruito solo ad arte questa apparenza per adescarlo, era cosa che neanche lei sapeva.