Grazia nacque quando ancora tutta questa storia non esisteva. Non che dopo sarebbe accaduto qualcosa. Semplicemente il fatto che lei vide la luce naturalmente a Rio sgombrò l'orizzonte da ogni altro possibile accadimento che la escludesse. Sì, perché lei era reale e tutto il resto, beh lasciamo perdere.
Così Nicola ebbe una figlia e questa volta davvero. Sua madre fu Teresa, la ragazza di pianura che alfine lui aveva convinto a venire ad abitare a Rio. All'inizio Teresa era un po' gelosa di Laura, il fatto che fosse bella e che lui per ragioni oggettive la vedesse spesso, Rio era davvero troppo piccola, ma in fondo era stato il suo Nicola a lasciarla e questo dopo un po' la convinse a non aver più timori ed anzi, divenuta alfine padrona di sé stessa a conseguire l'innalzamento al ruolo di madre modello per aver avuto una figlia bella come Grazia.
Sì Grazia era bella e lo è ancora, molto. Fu questa la prima evidenza che si presentò agli occhi di tutti quando venne al mondo. Lei avrebbe dovuto aspettare ancora un po' per saperlo ma nessuno si preoccupi, non mancò certo chi glielo fece notare e per primi i genitori, magari più la madre, che si accanivano con zelo a mostrarle le foto di quand'eri piccola amore, a lei e naturalmente ad ogni invitato dei successivi venti anni che frequentasse il loro salotto, stanza dai divani rivestiti a fiori in una casa alla destra del porto, e finalmente niente a che vedere con curve che si affaccino o meno sul mare.
Ma forse, pensava, non se lo era meritato. Fosse accaduto ad un'altra.
Queste riflessioni sull'aspetto morale della bellezza iniziarono ben presto ad assalirla.
Già la bambina era infastidita da tanti apprezzamenti che le venivano continuamente offerti in famiglia. Non c'era giorno che oh che bei capelli, o che bel visino, ma guardatele i dentini, ha delle gambe davvero diritte. Insomma era proprio una lagna. Perlomeno allora gli era risparmiato ogni sorta di apprezzamento dai compagni di classe o di gioco. I bambini per fortuna sono pochissimo interessati alle questioni estetiche. Ma non durò molto.
Già la ragazzina iniziò ad accorgersi con un leggero senso di malessere di essere considerata più carina delle sue amiche. Era ancora è vero un sentimento vago ma decisamente fastidioso.
La ragazza poi si trovò davvero nei guai. Passasse il fatto di sentirsi ammirata che poteva essere cosa piacevole anche se alla lunga imbarazzante. Lasciamo da parte persino gli apprezzamenti osceni e le lettere d'amore dei tuoi sedicianni, piccola, che in fondo credevi persino fossero vere. Ma l'aspetto intollerabile di tutto questo, il pensiero orrendo che in quegli anni la colse fu il fatto di poter essere considerata solo per la sua bellezza: magari anche per il resto, certo, ma prima venivano sempre i suoi occhi trasparenti. La ragazza in fondo già allora intuiva, senza neanche aver letto Prévert, come la passione vera fosse solo quella capace di pensare che le adorate labbra, anch'esse, invecchieranno. Tutto questo le faceva maledettamente paura. Decise allora di tentare il tutto per tutto e di valorizzare al massimo ogni altro aspetto positivo di sé stessa, la dolcezza, l'intelligenza, l'altruismo, l'amore. Vi riuscì perfettamente, solo che non tardò a rendersi conto di essere finita in un guaio ancor peggiore: tutti quei conseguimenti nient'altro erano che ulteriori catene alle quali si assoggettava, forsennati sforzi che le altre ragazze non avevano bisogno di sostenere. Essere belle, pensava, è davvero una maledizione.
La donna poi non fu altro che una correlazione di tutto questo con in più, se possibile, l'aggravante del fatto che gli anni trascorsi non solo non avevano infierito sulla sua bellezza ma addirittura conclamato la sua fascinazione fino a renderla in alcune sere persino intollerabile. A quanto sembrava non c'era proprio via di scampo ed in fondo a niente valeva pensare che esistevano al mondo persone che amavano i poeti francesi: lei non le aveva mai incontrate.
Quella mattina la neve cadeva così fitta che gli alberi del giardino erano solo ombre. Non c'era giornata migliore per trovare la scusa di non uscire. Grazia si era alzata da poco, nelle sopracciglia ancora i resti della notte si avviò in cucina per fare colazione. Tutto era in perfetto ordine: nessun piatto sporco, ogni cosa al suo posto e dietro la finestra anche lì la neve continuava a cadere. Aprì il frigorifero, prese il cartone del latte e lì per lì pensò alla gatta che era ancora in camera a dormire, ma subito dopo gli venne in mente che anche lui adorava il latte. E' troppo difficile stare con te, sei così bella da spezzare il cuore, sei tanto perfetta da sgomentare. Forse a nessuna donna era mai successo di sentirsi fare dei complimenti come motivazione dell'essere abbandonata. Ma in fondo era meglio così, Roberto non le piaceva neanche più di tanto. Forse. E intanto il latte stava per bollire.
Giulia scese così silenziosa che la vide saltare sul tavolo senza neanche averla sentita arrivare. Era una gatta meravigliosa, completamente bianca, pelo lunghissimo, occhi azzurri. In questa casa anche gli animali sono troppo belli. Decise che il latte se lo sarebbe bevuto la gatta: lei andava in pasticceria, anche con la neve.
Mentre camminava sul marciapiede reso scivoloso dal ghiaccio si accorse di non aver indossato scarpe adatte e gli venne in mente che, se mai un giorno fosse partita, quello era un problema al quale doveva fare attenzione. Intanto l'aria era bianca, la pasticceria si stava finalmente avvicinando e lei era decisamente nervosa: chissà perché la sera precedente le era mancato il coraggio di prenderlo a pugni. Ma vanno vanno tutti gli uomini del mondo, piccola, tanti li hai sorpassati, alcuni forse potrai raggiungerli, ed in fondo ci sono sempre quelli che stanno tornando indietro, basta che tu guardi di lato per un attimo, magari anche in pasticceria, solo che, facci attenzione, devono sempre entrare dalla porta a vetri opposta alla tua. La pasticceria era chiusa per riposo settimanale. Grazia ne era fortemente dispiaciuta avendo già pregustato le bignè alla panna con la pasta fatta a forma di cigno: le adorava. Ma non si diede per vinta, avrebbe cambiato bar, anche se senza pasticceria.
Bene bene bene, sta proprio venendo da noi così potremo seguire in diretta l'azione. Ma mi raccomando, siate discreti, certo, lo sappiamo, i personaggi non gradiscono interferenze.
Ecco che la porta del bar si apre. Grazia entra, subito leggermente disgustata per il fumo che anche di mattina avvolge il locale, nota sulla destra un gruppetto di persone sedute intorno ad un tavolo, siamo proprio noi, ma lei non lo può sapere, non presta comunque molta attenzione a niente e si dirige velocemente verso la bacheca delle paste e per fortuna ci sono ancora i bomboloni sennò chissà che figura avremmo fatto. Apre la bacheca ed estrae il bombolone. Inizia a mangiarlo. Chissà che cosa mai le ricorderà la pasta soffice dei bomboloni, magari i dolci rotondi di quand'era in vena la mamma e te li preparava per farteli portare la mattina dopo a scuola per colazione e intanto un boccone per la zia, uno per la nonna, apri la boccuccia tesoro. Ma eccola adesso che ordina il caffè e il signor Franco glielo prepara. Intanto lei è agli ultimi morsi del bombolone. Lo sappiamo, questa narrazione in tempo reale sta stancando tutti, ma del resto non è colpa nostra se lei ha scelto proprio di venir qui, dove oltretutto è impossibile che incontri un uomo proveniente nella direzione opposta alla sua: dovrebbe uscire dalla sala del biliardo che per l'appunto è deserta. Ma intanto grazia ha finito di mangiare ed il caffè è pronto. Certo, se facessimo un'ellissi e la riprendessimo all'uscita: ma non possiamo, lo sapete benissimo, qualunque taglio fatto in questo punto porterebbe anche all'esclusione di noi stessi poiché essendo reali, forse noi soli lo siamo, non ci possiamo elidere. Intanto Grazia è al secondo sorso.
Certo, alle volte c'è da credere che tutta la poesia del mondo si possa risolvere in un banale rituale da isole d'occidente come la colazione. Probabilmente non è vero e magari addirittura un clamoroso falso inventato ad arte da assidui frequentatori di locali pubblici. Ma tant'è, a qualcosa dobbiamo pur pensare mentre qui il tempo si dilata come ali di farfalle morte e, francamente, invece di osservarla magari vorremmo che fosse possibile solo immaginare di essere baciati da lei. Ma finalmente ce l'ha fatta, prende il foglietto bianco dello scontrino e si avvia all'uscita neanche degnandoci di un'occhiata. Cambiamo, apparirebbe maleducata. Grazia si avvia all'uscita salutandoci affabilmente. Raggiunge la porta. La apre. Esce.
Abbiamo sudato freddo ma ce l'abbiamo fatta: complimenti a tutti per l'impassibilità dimostrata solo al signor Franco tremava leggermente la mano ma non si notava quasi per niente. E allora arrivederci bambina, ad un'altra mattina nella quale la pasticceria sarà chiusa, e mi sa che allora qualcuno ti attenderà in sala biliardi per incontrarti poi nella direzione opposta alla tua.
Uscita dal bar prese la strada della piazza centrale e dopo pochi attimi scomparve nella foschia della neve.
Arrivata in piazza si diresse verso l'edicola. Fortuna che era inverno e quindi niente riviste con articoli sui paesi tropicali. Semplicemente il giornale niente da ridire non è immorale. Un giornale quasi a caso certo ma solo perché Lotta Continua non esiste più e chissà cosa leggerò fra dieci anni ma bando ai sentimentalismi che forse tra tanto tempo potremmo aver già vinto ed allora i giornali con la testata rossa saranno certo più di uno. Il giornale dei suoi quindicianni le tornava in mente spesso e ci scusino i conformisti ma lei è fatta così fondamentalmente per le pagine degli annunci personali dove aveva imparato che per una cosa del genere non si deve mai usare come inizio una frase di Donatien Alphonse François de Sade: è controproducente. AI pensiero di quegli sporcaccioni che le telefonarono allora certo tanto simpatici le tornò il buonumore e sorrise: decise che avrebbe letto il giornale al bar. No per favore non farlo non siamo preparati. Ma non c'è bisogno di particolari accoglienze. Lo sappiamo ma sai siamo timidi e poi e poi ma non dovevi chiamare Filippo? AI bar il telefono è guasto. Già avete ragione. Uff per un pelo ma è andata. Ma ripensandoci bene lo posso chiamare oggi pomeriggio non ho voglia di tornare subito a casa. Poveri noi.
"La poltrona di De Clerk gronda sangue", ha gridato ieri Desmond Tutu, denunciando il massacro di 25 neri avvenuto a Città del Capo nella notte tra mercoledì e giovedì quando, a poche ore dalla chiusura delle urne per le elezioni bianche, indiane e meticce, la polizia ha represso brutalmente le manifestazioni di protesta.
Questa storia dell'impossibilità di elidere sta diventando paradossale. Speriamo che almeno non intenda leggersi tutto il giornale.
Svelti, stiamo perdendo terreno, ha attaccato l'articolo di fondo. Dal nervoso che prende c'è quasi da decidere di non farne niente di tutta questa storia.
Boicottaggi e sanzioni hanno cominciato a mettere in difficoltà Pretoria, ma, per una società americana o olandese che se ne vanno, c'è n'è una giapponese, tedesca o magari italiana che aspetta paziente dietro la porta. Sembra proprio che non vi sia nulla che il denaro non possa comprare. e l'impressione è che in troppi, nel bianco nord "invaso" dal terzo Mondo, comincino a non scandalizzarsi più di tanto.
Ma proprio in un giornale che parla del Sud africa dovevamo imbatterci: speriamo almeno che la lettura non le provochi coinvolgimenti emotivi tanto drastici da metterci assolutamente nei guai.
Ecco, adesso siamo alla terza pagina.
Una nuova condanna a morte è stata emessa ieri in Cina per le proteste popolari del maggio scorso, stroncate nel sangue la notte tra il 3 e il 4 giugno con il massacro di giovani su piazza Tien An Men.
Certo il mondo è proprio un gran casino. E come al solito a rimetterci sono le minoranze, fisiche o militari. E poi questo giornale è dannato, solo impegno e neanche la cronaca con le futilità locali. Speriamo nello sport. Ma ancora ci sa che dovremo attendere.
Ahi, no, eccoci ai trafiletti della quarta pagina. Chissà perché, bambina, sei così curiosa di tutto, ma non ti preoccupare, te lo chiediamo perché in fondo lo vorremmo essere anche noi. Ma eccoci a p.4, è una notizia proveniente dagli USA.
SESSO "ANORMALE"
TORNA LEGALE
Un giudice dello stato americano della Georgia ha compiuto oggi il primo passo verso la dichiarazione d'incostituzionalità di una vecchia legge locale che aveva finora dato alla polizia e alla magistratura il potere di entrare nelle camere da letto dei cittadini e giudicare quali delle loro pratiche sessuali fossero legali e quali invece costituissero reato. Su istanza di un falegname trentaquattrenne, James Moseley, da 19 mesi in prigione per aver avuto un rapporto orale con la moglie Bette Roberts, il giudice ha deciso che (almeno fra coppie sposate e consenzienti) ogni tipo di relazione sessuale è lecita. Moseley, denunciato dalla moglie, era stato condannato in base a una legge entrata in vigore in Georgia 156 anni fa per mettere al bando esplicitamente la sodomia e ogni altra pratica sessuale considerata, all'epoca, "anormale".
Chissà perché James ha costretto Bette. Chissà perché Bette lo ha denunciato. Rimane in fondo un mistero il motivo del loro matrimonio. Rimane spesso un mistero. Anche se a lui, dì la verità, siamo amici, gliel'avevi chiesto di sposarti. Sì, l'ho fatto un tempo. Non più di qualche giorno fa ma sembrano anni. Forse credevo che alla bellezza non si potesse dire di no. Mi ha fatto bene constatare che ci si potesse opporre ad essa, fosse pure la mia.
Ma cosa fate, parlate con il personaggio? Lo sapete che è pericoloso. Sì, d'accordo, solo due chiacchiere, ma, come diceva Totò, da cosa nasce cosa e qui siamo già abbastanza nei guai.
Se almeno arrivassimo alla pagina degli spettacoli.
Speriamo di farcela.