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C'era una donna. C'è sempre una donna. Gonna corta e sedersi su un davanzale da estati del Tirreno mentre l'aria intorno è così calda da non avere neanche voglia di andare al bar.

  Non sempre quando si guarda l'orizzonte si indovina il futuro.

  A volte accade che sbirciando nel nostro passato non se ne riconoscano i volti.

  Tutto ha un senso e niente ne ha.

  Insomma era in giorno d'estate e lei se ne stava accoccolata proprio sul rettangolo della finestra. Guardava l'orizzonte è vero ma non vedeva niente poiché le nebbie del caldo vapori da film dell'ovest ne annullavano completamente le rotonde geometrie. Pensava al suo passato ed anche questo è vero sibili da ferrovie transcontinentali sulle quali mai aveva viaggiato e sguardi risate amori che non riusciva a ricordare.

  Se fosse vero che ogni novità trascina inesorabile con sé la cancellazione di ciò che fu allora saremmo davvero in un bel guaio. Ci siamo davvero, non c'è dubbio, anche perché lungo i ciottoli della discesa strada di campagna sì ma senz'ombra di muschi sta scendendo un uomo.

Non sempre chi scende pensa di essere in discesa.

Può capitare invece che pensi ad un amore di ragazza bruna i cui baci ha appena lasciato.

  Le ragazze brune sono molto numerose.

  Un po' meno quelle che in una vita uno riesce a baciare.

  Impegnandosi è vero sono però tantissime quelle che si riesce almeno a far innamorare. Ma in fondo a niente vale pensarci, tanto più che mi sto trovando su una strada in discesa ed il bar è ancora lontano.

  Stando sedute un'ora su un davanzale si può incontrare un uomo.

  Dondolando le gambe tutta la vita dallo stesso davanzale di uomini se ne possono incontrare invero parecchi.

  Specie d'estate, quando hai le cosce scoperte e il caldo ti fa socchiudere gli occhi.

  A meno che l'uomo non sia distratto.

  0, peggio, abbia dimenticato gli occhiali da sole e gli dia noia il riverbero dell'aria.

  Ma rimane sempre un metodo.

  Infallibile.

  Basta metter su "Transformer" di Lou Reed.

  Voltarsi da quella parte e parlarle fu un tutt'uno.

  Svanì improvvisamente la strada in discesa, l'idea del bar e persino il ricordo della ragazza bruna.

  Come si fa, dico, come si fa a far suonare "Walk on the wild side" mentre si sta sedute su un davanzale con le cosce scoperte e gli occhi socchiusi e poi pretendere che uno non si fermi e subito si innamori. Senza dubbio una concorrenza decisamente sleale verso ogni bar e, soprattutto, verso ogni altra ragazza bruna del mondo.

Resta il fatto, statisticamente inoppugnabile, che non tutte le ragazze dai capelli scuri ascoltano Lou Reed.

  D'accordo, lei era speciale.

  E poi una scusa per l'inconscio bisogna pur trovarla, altrimenti sarebbe imperdonabile dare due baci nel giro circa di venti minuti. Naturalmente a due ragazze diverse.

  Anche se entrambe brune.

  Ma non sottilizziamo e, piuttosto, togliamoci dalla finestra che sta per iniziare "Satellite of love" e chissà chi mai, uomo o donna, si potrebbe fermare qui davanti.

 

      

 

Il loro incontro fu quindi casuale, ma la loro storia non finì certo quel pomeriggio, anche se d'estate.

 Bisogna riconoscere in fondo che di ragazze che ascoltano Lou Reed non ne esistono poi così tante al mondo.

  E' così raro quindi trovarle che appare infinitamente sciocco abbandonarle.

  Non va del resto escluso che esistano da qualche parte ragazze bionde con la medesima passione musicale.

  E che se ne possa incontrare in un giorno d'isola del Tirreno verso le sette, sette e trenta di sera, magari sedute su di una finestra al piano terreno di una casa bianca in lontananza un porto e magari un amore che lei ha perduto chissà quando chissà perché non tutti sono affascinati dalla loro anima e preferiscono andarsene per mare abbandonandole: semplicemente impensabile.

  Alle volte non è il momento, altre è l'aria a non andare, oppure c'è di mezzo un'altra storia troppo vicina che trasfigura la realtà del volto che hai davanti, o magari la colpa è di un viaggio che mescola le passioni dell'animo o forse, più semplicemente, non tutti gli uomini di questo mondo sono incantati da una ragazza che ascolta "Trasformer" seduta su di un davanzale a cosce scoperte e fumando una Camel.

  Così è la vita, e per viverla occorrono certo coincidenze bizzarre.

  Non tutti, evidentemente, abbiamo gli stessi gusti in fatto di musicisti e sigarette.

  Per fortuna, certo, poiché di ragazze, bionde o brune, che suonino quel disco in un giorno di sole in una strada in discesa e poi tutto il resto non ce ne sono molte e la concorrenza sarebbe davvero spietata.

  E così insomma i loro pomeriggi per molti anni a venire vennero scanditi dalle note del musicista ebreo newyorkese.

  C'è chi dirà che molti scelgono altre colonne sonore.

  I più addirittura canzonette.

  Che la verità dell'amore, quella profonda, sia in realtà solo racchiusa dagli apparentemente banali testi dei brani cosiddetti commerciali è riflessione filosofica della quale bisogna apprezzare la determinatezza ma che loro due non potevano approvare.

  Non perché in fondo l'analisi fosse sbagliata. Solo che gli disgustava ridurre tutte le questioni della vita all'interpretazione, sia pur corretta, della passione amorosa.

  Bella faccia di bronzo, dirà qualcuno, visto come si sono incontrati.

  Ma non perdiamoci in analisi da seggiole di paglia fuori dalla porta di casa quand'è caldo e le nonne e le zie guardano chi passa e spietatamente confabulano.

 Ciò che importa a noi è che erano entrambi fumatori.

 No, piuttosto che adoravano le stesse canzoni.

  0, meglio, che lei quel primo giorno era seduta su una finestra e che lui si innamorò di una ragazza dalla gonna corta che adorava i film western. Lui infatti la vide così, occhi socchiusi, Lou Reed di sottofondo e sullo schermo alle sue spalle le immagini di "Pat Garret and Billy the Kid", regista americano come il musicista.

  La situazione di quel giorno iniziale, ogni volta che viene nuovamente trattata, si ingarbuglia sempre più.

 Troppi simboli.

 Troppo amore.

 Troppi elementi davvero.

 E tutto in fondo per giustificare un tradimento.

 Certo lui ne avrebbe avute da dire al suo psicanalista.

 Volesse il cielo che fossero stati semplicemente presentati da amici. Come ti chiami dove abiti andiamo al cinema ti piace provare a far bambini.

  Ma così non era. E del resto poi il bar è riaperto da poco, siamo freschi e riposati, possiamo benissimo anche reggere una situazione come questa. E' settembre, niente è mai pesante in questi giorni, solo i propri ricordi, non certo quelli di altri.

 

   

                  

 Già, ma abbiamo dimenticato un particolare, forse irrilevante, ma che tuttavia ha bisogno di essere specificato: i loro nomi. Cosa importa, direte voi, lui si chiamerà Nicola, e ci pareva già di ravvisarlo fin dalle prime battute, lei con tutta probabilità Carla. Nomi comuni, forse un po' azzardata l'ipotesi ma certo degna di rilevanza fosse solo per le percentuali statistiche che ha dalla sua.

  Ma non sono i nomi giusti. Com'è possibile, forse si tratterà di difetto di pronuncia, chi altri potrebbero essere? No, non è errore dovuto magari a cattiva interpretazione di lingue estere, proprio non sono loro.

  Siamo andati fuori tema.

 

   

           

 E non erano neanche nati a Rio. Nessuno dei due.

 Neanche per caso avevano mai preso il traghetto da Piombino per Portoferraio o per Porto Azzurro o per Rio Marina.

  Solo un dato di fatto era in comune con noi: un'isola il luogo dove si erano incontrati. Di un altro arcipelago d'accordo, un po' più a sud, ma pur sempre un luogo circondato dal mare.

  Con questo non è che noi ci dilettiamo, per puro scrupolo d'intransigenza, a parlare delle storie che uomini e donne vivono in prossimità del mare. Sarebbe del resto inconcepibile, il mondo è così vasto. E poi tale principio ci porterebbe ad affrontare a caso storie che non è detto sarebbero pertinenti con la nostra indagine.

  Il tuono si realizza deflagrando.

  L'amore un po' lo stesso.

  Comandare le tempeste sarebbe come farsi obbedire dalla passione.

  Monica e Marco non sapevano cosa fosse l'amore ma conoscevano a perfezione sia gonne corte film western musica di N.Y. sigarette con le piramidi ed anche tutto il resto.

  Le infanzie a volte sono terribili.

  Talmente deliranti da imporre sempre nuove soluzioni.

  Entrambi delle loro infanzie non si raccontarono mai niente.

  Fecero bene, forse si sarebbero annoiati.

  Forse il motivo era un altro.

  Recondito misconoscimento di un passato che anche era stato amore.

 Non voler mescolar le carte.

 Barare.

 Scrivere per pietà o abbandono lettere a un carcerato.

 E noi certo sappiamo chi fosse.

 Lettere dove parlavano a loro stessi più che a lui.

 Fogli di carta dov'era annotato tutto, più di quanto si potesse immaginare o loro avessero mai pensato fosse stata la vita di entrambi.

 Eccole qua. Nero su bianco. Tutti potete leggerle.

 Ecco il motivo, i motivi, nessuna ragione, che ci spinge a parlar di loro, non solo perché è settembre, loro due amanti da stereotipo così lontani da Nicola eppure anche così vicini

 Attraversando la vita sempre cercando di capirla Già trent'anni, come passa in fretta il tempo.

 Tracce, solo tracce d'esistenza.

  Indizi contraddittori.

  Bugie. Tradimenti. Ma in fondo soltanto esistere. E darne l'esempio.

  Cartelloni pubblicitari.

  Manifesti elettorali.

  Strade di paese.

  Treni.

  Il tempo.

  I temporali.

 

   

 

 

  Loro due non si arresero neanche quando l'estate finì. Per la colonna sonora del loro amore poi non ci furono per niente problemi poiché Lou Reed a tutt'oggi continua a pubblicare dischi la voce un po' più rauca è vero ma sempre adatta ad attirare uomini nelle stanze dei piani terreni.

   Ma lei non usò più per altri quel sistema, nessuno si preoccupi, ci toglie un peso dal cuore poiché avevamo paura di ulteriori varianti, state pure tranquilli poiché Monica non praticò mai la difficile arte dell'adulterio.

   A volte invero ci pensò, sì, d'accordo, è umano, ma non si spinse mai oltre le teorizzazioni estreme che, come si sa, presuppongono una totale infinità di amori, beninteso con particolari gusti musicali.

   E tutto in fondo si risolse a questo, un uomo e una donna che si chiedevano cos'era l'amore e di quanta fedeltà avesse bisogno per cavarsela anche in quei giorni quando piove e gli autobus sono troppo affollati.

 

   

 

    Dopo quel pomeriggio del loro incontro sarebbero potute accadere molte cose. Eliminati i possibili futuri troppo divergenti dai nostri interessi, restano però solo tre possibilità: che si lasciassero, che rimanessero insieme, che lui decidesse di aprire in bar. Fu però la seconda ipotesi ad avere il sopravvento, ed ai romantici piace pensare che ciò accadde in virtù della complementarità delle loro raccolte di dischi americani.

  Una casa a due piani. Su un'isola certo.

  Infinite possibilità di amore a sera tornati dal lavoro.

  Un'ottima cuoca, non c'è che dire.

  Ogni tanto scrivere al penitenziario di Porto Azzurro, lassù, sulla costa di un'altra isola ad un giorno o due di navigazione, dipende dal vento.

  Finché un giorno arrivò una strana telefonata.

  Ciao come stai su non fare scherzi a telefono ti ho riconosciuta anche se cambi voce. Ma si sbagliava, non era la sua amica Franca a telefonarle. Era un'altra, profondamente attesa, non c'è dubbio, ma per ora assolutamente sconosciuta.

 Altrettanto non avrebbe potuto dire Marco. Ma non era neanche l'oramai dimenticata ragazza perduta per quel disco lontano.

  E così non abbiamo appigli, nessun indizio, trattasi evidentemente di nuovo personaggio, per assioma stravagante ed impossibile da comprendersi subito: non potremmo rimandare la narrazione a domani che stasera è già tardi? Via, via, non fate i bambini. Il latte scaldato dalla mamma a sera ve lo siete ormai scordato, e capisco con quale sofferenza, siete adulti e sapete che ogni nuovo personaggio va subito affrontato e catalogato, che essi sono come il vento, e se aspettiamo domani può darsi che non lo potremmo neanche più ricordare.

  Ma insomma con chi sto parlando? Stai parlando con me, Monica, mi chiamo Giovanna, tu non mi conosci, ma io sì, anche se intuisco solo vagamente chi sei e non ti ho mai vista in volto.

  Ma come fai a sapere chi sono? No, questo non lo disse mai, poiché subito capì che doveva trattarsi di una ragazza bruna ed il resto anche voi lo potete benissimo immaginare.

  Marco quella sera non c'era, era al bar ad indagare con gli altri l'ennesimo capitolo di una storia che da tanto tempo era narrata: probabilmente trattasi di un'usanza molto in voga nei bar delle isole.

  Non c'era e così non poté risponderle. Giovanna peraltro non si perse d'animo e fissò un appuntamento Per il giorno dopo a casa loro, appena il tempo di dire a Monica che l'aveva conosciuto quando lui frequentava l'università a Firenze.

 

   

 

 L'aveva incontrata lungo la strada che di primavera portava a Pesaro e non che in altre stagioni non vi conducesse, solo che quella era la sola che lui ogni anno usava per impegnare quello sproposito di salita che conduceva alla vetta della montagna e poi giù verso il mare gli ombrelloni ancora chiusi il niente allora come d'estate.

  Volendo essere precisi, tutto accadde a San Benedetto in Alpe. Si era fermato a prendere un caffè al bar della pensione e poi si era messo a guardare il fiume: niente trote quel giorno, doveva per forza accadere qualcosa.

  Il tempo della vita ha sempre bisogno di trote fosforescenti che luccichino nei torrenti dell'appennino, e non perché i pesci in fondo significhino qualcosa oltre a loro stessi, quanto per il motivo evidente da dieci sedute di psicanalisi che in un mattino simile a quello lui era andato a pescare col nonno.

  Il nonno adesso non c'era più, lontane le partite a scopa con lui che sempre barava e, di conseguenza, anche i pesci d'argento di quand'era bambino. Eppure, anche se il nonno se n'era andato, gli aveva lasciato in eredità la sua collezione di fili, ami e sugheri che anche allora erano chiusi nel bagagliaio della sua macchina.

  Così lì c'era un fiume, apparentemente senza trote, un uomo, vicino una macchina con dentro una collezione di sugheri. Marco allora aprì la scatola verde, gettò il sughero più bello dal ponte e pensò di ripartire subito per arrivare a riprenderlo fra le onde del mare prima che queste riuscissero a frastornarlo.

  Solo che fra un sughero ed il mare che esso agogna non sempre c'è soltanto una strada in discesa che conduce a Pesaro.

  Se si prende un bambino, lo si mette su una veranda che da sul mare, magari in legno, e lo si fa giocare con gli ossi delle seppie, può accadere che esso sogni una gabbia con un pappagallino ma anche che per lui tutto il mondo resti quella veranda con al di qua la noia della scuola e dei genitori e di fronte solo il vuoto ed una barca che vi galleggia sopra con dentro il nonno ed il suo cappello da pescatore di fiume completamente inadatto alla circostanza.

  Se poi le infanzie, come loro solito, non riescono a sbloccarsi, la foto di quella veranda con oltre il mare rimane così nitida che fin troppo spesso riappare e trasfigura gli orizzonti reali annullandoli con la vista delle onde ed il loro ritmico sonnecchiare.

  Probabilmente fu un attimo, un solo insignificante attimo di smarrimento, solo che bastò a mettere in moto le coincidenze spazio-temporali che gliel'avrebbero fatta incontrare.

  Il tempo della vita quasi sempre è davvero strano.

  Giovanna aveva lasciato il bar della pensione per andare a fare il bagno e proprio allora stava rientrando. Fu quindi l'aver perso di vista il sughero e la conseguente decisione che tanto valeva riposarsi un po' sulla panchina che gli offrirono la possibilità di incontrarla o, meglio, visti i suoi indumenti intimi bagnati che risaltavano dall'abito, di amarla a prima vista.

  Come si vede non sempre le canzoni di Lou Reed sono determinanti, a volte accade anche senza colonna sonora.

  Lasciando perdere le disquisizioni di gusto su reggipetti e mutandine, naturalmente bianchi, ci troviamo indubbiamente di fronte ad un interessamento reciproco alla prima occhiata, anche se non sappiamo cosa fu in lui ad attrarla, a meno che non si trattasse di amore speculare, amare gli occhi che ti guardano con passione solo perché ti guardano così.

  Fu così che Marco perse l'inizio della mostra cinematografica di primavera, la parte centrale e finale no, perché la convinse a prendere alcuni giorni di ferie e vi andarono insieme.

 

   

 

 Fino a quella costante angoscia che è settembre con tutti i suoi sciocchi ripensamenti sulla vita e sul mondo, passarono quattro mesi nei quali ogni fine settimana Marco partiva verso San Benedetto in Alpe ed alloggiava alla pensione. Come cameriera addirittura lei.

  Era davvero difficile, lui allora pensava, una forma così perfetta di felicità come quando andavano a fare il bagno e lei, come da promessa iniziale, restava in biancheria intima al posto del costume.

  Ma settembre arrivò davvero ed iniziarono le mostre cinematografiche di fine estate. C'è chi dirà che viene sempre settembre con le sue mostre di cinema.

  Partirono per Venezia insieme. Ma non tornarono uniti. Lei aveva terminato il contratto con la pensione e se ne sarebbe tornata a casa, lassù, in un paese in mezzo alle Alpi. Ti amerò anche quando sarai lontana, cosa vuoi che siano seicento chilometri.

  Ed in effetti, almeno all'inizio, ci provò. Ma avrebbe dovuto vivere solo per le autostrade i treni e le nebbie. Durò finché ce la fece. Poi lei addirittura partì per la Germania. No, non era possibile andare oltre.

  E così la storia finì con una ragazza bruna in Germania ed un uomo che, presa la laurea, se ne ritornò verso il mare.

  Alcuni sostengono che i chilometri non influiscono sull'amore. A lui piacque per sempre pensare che fosse davvero così.

 

   

 

 

Quando rientrò dal bar, Monica era ancora alzata ad attenderlo e così gli fece l'annuncio, discussero un po', certe spiegazioni lui doveva pur darle, ma non ci fu nessun dramma.

 Quando se ne andarono a letto, Monica si addormentò subito, lui un po' più tardi a causa di un unico pensiero: e se se ne fosse andata un'altra volta?

 

   

 

 

  La casa di Marco e Monica non era stata costruita su alcuna curva, e questo a riprova che niente quell'isola ha a che fare con la nostra, ma a ridosso di un piccolo promontorio. Vi si arrivava attraverso una strada sterrata che si dipartiva dalla via principale per mezzo di un incrocio che non presentava alcun tipo di segnaletica.

  Non fu facile per Giovanna trovarla, sarebbe stato impossibile che non fosse riuscita ad arrivarci.

  Gianna era in bicicletta per quella strada d'isola, per quello strano pomeriggio.

  Era in bicicletta e non pensava ad alcun tipo di amore, neanche a quello tra lei e Marco, un amore che non era mai finito eppure altrettanto mai praticato: quello che i teorici definiscono un amore in sospeso.

  Ma anche se non ci pensava allora e, francamente, non vi aveva mai pensato in questi termini neanche quando aveva deciso di ricercarlo, lei era lì proprio a causa di quell'amore. Son tipi strani gli amori in sospeso, paiono placarsi prima degli altri, sembrano scomparire nel niente del ricordo, eppure sempre puntualmente ritornano ed esigono anche gli interessi per il tempo trascorso. Interessi richiesti solitamente da esattori in gonnella che se ne vanno in bicicletta per le isole nelle prime ore del pomeriggio.

  Se gli amori morissero quando non è più l'età, quando magari non è il luogo né il tempo, tutto sarebbe più facile. Gli scrittori non avrebbero di che scrivere, gli amici giocherebbero a biliardo invece che parlar di donne, i bar non dovrebbero prolungare l'orario di apertura per ascoltare il finale delle loro storie.

  Tutto sarebbe infinitamente più semplice. Ma forse non ci sarebbe più gusto.

  E' solo l'errore che provoca la riparazione. Solo il tradimento necessita della fedeltà.

  Me ne andavo una mattina in bicicletta attraverso le strade di campagna di un infanzia che solo io ho conosciuto e che quindi da nessuno può essere immaginata e da me solo distorta e fuorviata. Chi avrebbe mai detto che avrei narrato un giorno, oggi, di un'altra strada fra i campi e di una donna che allora sarebbe stata bambina e che del resto mai mi accompagnò.

  Certo, è anche vero che per le infanzie i nonni bastano e avanzano.

  Ogni altra presenza è superflua. Facile, certo, dirlo adesso, dimenticando come avresti voluto che una bambina, una in particolare, ti avesse fatto giocare con lei. Ma sono altre storie, canzoni per amici che se ne sono andati, mentre adesso è tardi, tardi, ed invece che parlar di maggio alle scuole elementari dobbiamo parlar di lei che sennò ci sfugge, si eclissa, è già a metà strada verso la casa di Marco, ma se non ci sbrighiamo corriamo il rischio che non ci arrivi mai.

  E invece vi deve arrivare. Anche se, ad un certo punto del percorso, pure lei pensò che forse era meglio non rivederlo.

  E invece lo rivide.

  Sono come al solito le percorrenze, i chilometri, che influenzano la vita.

  Vi arrivò e non importa che cosa si dissero, come Monica la accolse. Non importa conoscere la sceneggiatura delle loro parole e dei loro movimenti, dei loro pensieri e del rumore del mare, lì di sotto, indifferente.

  Vi arrivò e spezzò tutto. Infranse ogni regola e cancellò persino i ricordi, esclusi i loro, facendo svanire ogni altra realtà che non fosse quello che era stato tanto tempo prima, ineluttabile preludio a qualsiasi scena successiva.

  Non fu possibile fermarla. Almeno, Monica non ce la   fece, era totalmente indifesa: non ci si può difendere dal proprio passato, figuriamoci poi da quello degli altri.

  E così Marco se ne andò con lei, non c'è proprio dubbio con quale delle due. Partì e lasciò Monica con una delusione in più, sicuro di dover rincorrere il suo destino.

  Non lo possiamo biasimare, non è il nostro ruolo, ma possiamo sperare, quello sì, che le gonne di Monica non lo avrebbero rimpianto per molto.

 

   

 

  Le lettere a Nicola poi d'improvviso finirono. Quella che abbiamo finito di leggere adesso era appunto l'ultima. Non siamo mai riusciti a scoprire il perché. Anche se si erano lasciati e tanta allegria e buonumore precedenti avevano portato, come ogni felicità merita, ad un disastro, potevano scrivere lo stesso. Ma non lo fecero mai più e questo, francamente, ci provoca un po' di frastornamento, è come se un film finisse al primo tempo.

  Costretti dunque dalla contingenza dobbiamo immaginare un finale. Non certo che non ci riesca, ma come si nota siamo scettici, titubiamo, insomma la tiriamo in lungo.

  Siamo restii ad immaginarci questo finale perché in fin dei conti non abbiamo molte possibilità di scelta, infatti può accadere soltanto che continuino a non vedersi oppure che si ritrovino.

  Lasciamo quindi aperte le possibilità. Succederà quel che dovrà succedere. E noi intanto lasciamoli da parte per ritornare finalmente al tema originale, l'infanzia di Nicola, forse il suo bar, quel che sarebbe successo, prima o dopo.