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L'aria stuzzicante della sera veleggiava assieme alla tenda fatta di legnetti intrecciati che più che coprire con i suoi colori piuttosto evidenziava l'entrata del bar. Carlo era seduto ad un tavolino di fòrmica verde scheggiato ai lati probabili segni di serate tumultuose o più probabilmente dovuti ad incidenti causati durante la loro impilatura serale per le pulizie da baristi distratti o magari la colpa sarebbe da attribuirsi esclusivamente al tempo ed è probabile per questi assurdi tavolini così stile anni cinquanta di Toscana prima che le mode dimenticassero le loro geometrie e le discussioni a sera sul socialismo reale mentre si giocava a briscola in favore dei certo più sfavillanti ma assolutamente anonimi arredi che quasi tutti i locali pubblici hanno oggi da noi adottato anche se è presumibile e comprensibile che il dott. Luporini non fosse stato al corrente delle volubili mode in fatto di disegno industriale che purtroppo noi siamo costretti ad osservare  mentre in televisione dicono proprio adesso che Cuba sarebbe l'ultima isola del mondo e meno male che il nonno non c'è più, per lui sarebbe stato davvero un brutto colpo.

Oltre a lui nel locale c'era soltanto un avventore, appoggiato al banco e che stava discutendo assieme al barista dei loro tempi andati. Parlavano di un tempo ai suoi occhi strano, quando le mura di quel locale ospitavano a fine settimana le prove di canto per il coro della locale parrocchia e non c'era donna che teneva, ma certo che no, bisognava per forza esserci. Anche se poi il tempo cancella ciò che siamo stati e le cose che amavamo e loro due in fondo ne erano una prova certa, appoggiati lì, con il viso quasi insieme e parlando di cose che nessun altro avrebbe mai potuto comprendere. Così va il mondo, almeno la smettessero di chiacchierare e si ricordassero di portarmi il caffè.

Ancora c'erano da aspettare quaranta minuti. Chissà perché era arrivato così presto.

Forse per illudersi che dalla porta d'ingresso di quel locale pubblico dei suoi trentott'anni lei sarebbe ancora una volta potuta entrare.

Anche se sapeva che così non sarebbe stato, che forse mai del resto avrebbe potuto esserlo.

Ma si sa, gli uomini sono tutti fondamentalmente sciocchi, e poi a qualcosa devono in ogni caso pensare seduti ad un tavolino dal vago ricordo di marmo  che non era è vero quello dell'Arci di Porto Azzurro ma in fondo a qualcosa ogni luogo ed oggetto della vita deve pur somigliare.

Chissà se sarebbe mai uscita dal carcere. E intanto il caffè tardava e in fondo non era proprio il caso di insistere, erano così assorti.

Ormai erano diversi anni che veniva lì, prima ogni due o tre mesi, poi la frequenza delle visite era sempre più aumentata come del resto le lettere che si scrivevano. E pensare che era tutto nato da un equivoco. E non c'era stato verso, no perdìo, aveva continuato ad amarla, anche se lo aveva scelto per farsi una specie di alibi da commedia di Totò, anche se si chiamava quasi come lui e in fondo somigliava così tanto alla sorella che non aveva mai avuto, e forse proprio per tutto questo.

Intanto Carla aspettava quasi con ansia che arrivasse l'ora delle visite. Era venerdì, e lui avrebbe davvero potuto esserci. Non c'è niente di peggio che abituarsi alle cose e sperare che sempre possano accadere di nuovo. Era sdraiata sul letto della sua cella, i capelli sciolti sulla nuca le lasciavano lo stesso correre due ciuffi chiarissimi lungo le guance.  Intorno, sui muri, non c'era alcuna traccia di manifesti con l'effigie di Che Guevara. Erano davvero cambiate tante cose da quando era dentro e spesso più che altro aveva solo desiderato di tornar bambina. E se fossimo in un romanzo certo che l'accontenteremmo signorina, niente sarebbe più facile del descrivere i suoi riccioli d'oro quando ancora sfioravano il bordo dei tavoli in legno di noce di luoghi così tanto vicini a noi, solo che non possiamo, e ce ne dispiace davvero puo crederci, anche noi avremmo preferito parlar d'altro e pure di sciocche infanzie cresciute in giardini di rose, ma in fondo è andata così, al posto della libertà ha trovato l'amore, anche se c 'è chi dirà, con ragione, che francamente sarebbe potuta andar meglio.

All'inizio, è vero, aveva pensato che lui semplicemente la odiasse, come avrebbe potuto essere altrimenti del resto. Osservazione acuta signorina, dopo quello che gli ha fatto passare era il minimo che potesse immaginare come risposta, solo che, come spesso accade, non aveva calcolato una variabile dal nome certo esotico e che si chiama amore.

E questa parola si era così tradotta nel tempo in una cella piena di lettere e di regali con gli occhi di lui che le divenivano sempre più familiari e così lentamente ogni senso di colpa se n'era andato e l'attenderlo non era più imbarazzante ma adorabilmente permeato d'ansia, di quel sentimento che solo un innamorato sa cosa sia che ti spezza il cuore davvero come nelle canzoni di Gino Paoli suonate da ragazzina nei juke-box sul mare e certo che eran vere, l'aveva sempre intuito anche se poi una falsa morale l'aveva spinta a dubitarne anche apertamente, son vere sì perdìo, solo le canzonette che parlan d'amore sono la verità. Non c'è dubbio, era proprio cambiata.

Si mise a sedere davanti allo specchio, doveva pettinarsi, ormai era sicura, lui sarebbe davvero arrivato.

Intanto al bar mancavano ancora venti minuti all'apertura dei cancelli per le visite e Carlo si era messo a leggere una rivista quando entrò un altro avventore e si sedette nel tavolo accanto al suo. Lì per lì quasi non ci fece caso ma l'altro lo guardava insistentemente. Allora anche Carlo decise di incontrare il suo sguardo e lo sconosciuto gli sorrise. Poco dopo erano seduti allo stesso tavolo ed a Carlo veniva spiegato che era pur sempre uno straniero senza cittadinanza sudafricana e tutto quell'incontrare una pericolosa estremista poteva col tempo causargli brutte conseguenze e d'accordo lei sarà anche innamorato non vogliamo metterlo in dubbio e certo che è persona pulita abbiamo controllato, solo che.

In breve gli fu chiesto di lasciarla perdere. Lui rimase impietrito, non sapeva che cosa rispondere. O, meglio, lo sapeva benissimo, solo che non poteva dirlo o con tutta probabilità lo avrebbero arrestato immediatamente.

Quando l'uomo ebbe finito di parlargli si alzò e se ne andò, anche senza consumare, e del resto come avrebbe potuto con quei due sempre attaccati al bancone a cicalecciare.

Carlo non ebbe neanche un attimo di smarrimento più del dovuto, e anche quello avrebbe potuto eliminarlo se solo fosse riuscito a bere un caffè, beh, lasciamo perdere. Prese la borsa con i soliti libri per lei, neanche un romanzo d'amore, e si avviò deciso verso l'ingresso del carcere, oramai mancava così poco e lui avrebbe potuto finalmente rivederla.

Ad alcuni avventori del nostro locale, qua, oltre la giungla i deserti e le savane, pare assolutamente incredibile che Carlo la potesse amare ancora dopo tutto quello che era successo e non solo perché non l'hanno mai vista in costume da bagno né ascoltata quando piangeva dopo che la nonna le raccontava quelle sue favole così paurose ma anche e soprattutto perché sostengono essere l'amore incompatibile sia con qualsiasi forma di tradimento che di distacco anche forzoso ed è una discussione nella quale non riusciamo ad arrivare in fondo inutile spiegar loro che l'umore può essere cangiante e che gli stati d'animo amorosi all'inizio interpretati per falsità possono poi col tempo risultar ferocemente reali, oppure che l'aria del deserto che laggiù immane può persino indurre al perdono, niente da fare, non c'è verso di convincerli con le loro morali da parrocchia e così abbiamo deciso di lasciarli perdere continuando la narrazione in barba al loro dissenso che gli stessi hanno promesso potrebbe sfociare in forme plateali di disturbo come il rifiuto di dare la rivincita se qualcuno di noi una sera perdesse a boccette. Così va il mondo, l'intransigenza ottusa non è di casa soltanto nel sud del continente africano.

 

  

La settimana successiva Carlo era di nuovo lì. Non gliene fregava niente di ciò che sarebbe potuto accadere a lui, alla sua carriera o a chissà cos'altro se la polizia avesse deciso la sua pericolosità sociale per il solo fatto di frequentarla. Del resto da qualche parte di paese di nebbia o di agosti infiniti la si deve pure far finita con le ipocrisie che costellano una vita. Lei era il suo amore, e neanche le manette sarebbero riuscite a fargli cambiare idea.

Così entrò nuovamente nel bar posto proprio di fronte alla prigione quando come sempre mancava ancora parecchio prima che gli fosse dato il permesso di entrare: voleva essere sicuro di non perdere neanche un minuto della sua compagnia.

Il locale stavolta presentava ai suoi tavoli alcuni avventori, non molti certo, due o tre, ma lo stesso lui pensò sarebbero serviti ad evitare che il barista si distraesse più del necessario. Probabilmente stavolta sarebbe stato possibile consumare qualcosa.

Da ragazzo, quando passeggiava per il podere che da sempre i parenti della mamma gestivano come affittuari in Maremma, a volte pensava dove mai sarebbe potuto arrivare, e certo in un futuro diverso da quelle colline trapuntate di cipressi, ma sicuramente non immaginò mai di finire così vicino da una parte all'oceano e dall'altra al deserto con in mezzo un carcere che custodiva lo strano segreto d'amare.

Sarebbe stato certo troppo chiedere al fanciullo, in quei giorni d'estate che non finivano mai e con le galline a razzolare nelle  aie polverose  e piene di piccole merde, soltanto fargli immaginare che un giorno avrebbe dovuto perdere l'immagine fissa e sfumata dal caldo dei cipressi in agosto, quegli alberi che solo un architetto folle avrebbe potuto immaginare, o magari un pittore, tanto erano avulsi da qualsiasi significato economico che invece in ogni loro altrove avvolgeva le vite di campagna, niente frutta da cogliere, niente legna per ardere, solo la loro bellezza svettante verso l'azzurro.

Alberi d'infanzia, certo, che insieme alle basse colline sempre digradanti verso il mare facevano di tutto, ogni notte ed ogni giorno, per fargliela abbandonare, e lasciarle finalmente vivere quello straccio di vita assurda dove s'era voluta ficcare, lasciargliela tutta a lei e poter finalmente ritornare nel grembo verde e sinuoso delle colline di Campiglia Marittima, dove lui era convinto non c'era chi non scommettesse sul fatto che ogni estate degli ultimi vent'anni lui era sempre ritornato, a far visita ai nonni, per cenare con le zie, giocare a carte con i suoi amici e di nuovo e per sempre ancora  andare alla festa dell'Unità a comprare gli stessi libri che furon poi quelli in fondo la scintilla che ogni cosa fecero nascere, con i loro amori tremendi e sfuocati ed i dolci viaggi in autunno verso le arance della costa di un altro est.

Un solo particolare non quadrava però in tutta la ricostruzione e cioè che un ritorno, adesso, sarebbe stato senza di lei, e del resto niente impediva ancora di aspettare, per ritornare sì nei luoghi della sua infanzia ma stavolta con Carla. Sogni da locale pubblico le tre del pomeriggio con i ventilatori attaccati al soffitto. Decise che avrebbe ordinato un caffè freddo.

Il bicchiere aveva il vetro appannato e lui se lo rigirava fra le dita per carpirne la fresca umidità. Altre nebbie tormentavano il suo animo, ma quella era ugualmente affascinante e consolatoria. Il barista stava pulendo il bancone. Gli altri avventori parlottavano fra di loro di improbabili vittorie alle locali lotterie, e del resto è innegabile in ogni paese l'esistenza di un gioco del quale ogni cittadino è pedina. Iniziò a sorseggiare il caffè. Un po' amaro. Fuori dalla porta stava passeggiando il funzionario di polizia col quale aveva parlato la settimana precedente. Senz'altro esisteva un luogo forse senza il suo amore ma dove fosse possibile guardare ogni sera il tramonto sdraiati fra i sassi grigi del mare, fingendo di dormire per non disturbare l'alternanza schiumosa delle linee d'acqua che lambivano il mondo.

Quando si alzò sapeva già che il poliziotto all'uscita lo avrebbe fermato, ma non c'era proprio niente da fare, doveva andare. Così, non appena mise piede fuori dal bar, l'agente lo invitò a seguirlo. Carlo non rifiutò, ormai era da tanto tempo che attendeva di essere rapito dal niente, di arrivare in un posto dove tutto ciò che finora gli era parso normale avrebbe perso ogni significato, e se la strada per tutto ciò magari fosse un uomo in borghese oppure in divisa, sinceramente non gli interessava per niente.

E così costeggiarono insieme buona parte del perimetro del carcere, con tutte quelle inferriate da apocalisse e le guardie armate che ti scrutano e dietro ancora madri e padri ed i figli lontani o anche semplicemente uomini e donne dispersi fra l'odio e la sua derivazione più allucinante, la vendetta.

La strada era liscia come ogni dannata strada che costeggia ogni carcere del mondo, almeno occidentale, che agli altri per adesso è addirittura meglio non pensare se non si vogliono solo intuire gli orrori ancor più atroci che possono contenere. Se ne andavano così, e sarebbe davvero  sembrato a passeggio solo se invece che con quel poliziotto fosse stato col nonno nei pomeriggi dopo la scuola quando andava da lui ed insieme si mettevano a camminare lungo il mare parlando di pesci. Ma così non era e ben presto invece arrivarono ad un'altra entrata del carcere, che lui non aveva mai visto ma che senz'altro significava che per quel giorno non avrebbe visto Carla. Chissà che tipo di amori aveva mai incontrato il poliziotto che lo accompagnava, se di donne dai ricordi di antenati che vivevano lungo fiumi fangosi oppure di ragazze bionde la mattina presto andandosene a scuola; chissà se lo avevano reso felice, se lui era mai riuscito anche per poco a renderle tali. Ma del resto l'ingresso del carcere incalzava Carlo stava probabilmente per essere perquisito e se ne andassero pure al diavolo tutte le ipotesi del mondo, tutto quello che era reale in quel momento era un paesaggio di sbarre e divise e se da qualche altra parte esistesse pure l'Ovest con i suoi tramonti di carta e le città finte da film western non era proprio il momento di pensarci.

Arrivato nei pressi dell'ufficio del direttore Carlo venne fatto sedere in un anticamera, intorno quadri raffiguranti gesta eroiche di poliziotti e divanetti di finta pelle rossa che certamente avevano visto tempi migliori anche se improbabilmente i primi abbracci di innamorati. Non attese molto, dopo pochi minuti venne ricevuto dal direttore, e buongiorno dott. Luporini, e spero che il lavoro vada bene, e la salute certo va perfettamente la vedo in ottima forma. Fuma? Insomma, dottore, come la mettiamo?

Così gli fu tolto il permesso di poter nuovamente incontrare Carla. E a lui non restò altro che uscire dal labirinto di inferriate e dirigersi verso la fermata dell'autobus. Scrivergli certo no, non glielo potevano proibire, ma era proprio una magra soddisfazione e intanto intorno si stava per svolgere fra poche ore un'altra delle sciocche sere del mondo più ancora insignificante perché sarebbe stata rappresentata in quell'assurdo luogo dove entrambi erano impantanati, lontani da un'isola del Mediterraneo dove nessuno probabilmente ancora si era neanche accorto che se n'erano andati.

Arrivato a casa si mise subito a scriverle, scusa amore se oggi non mi hai visto ma una difficile operazione mi ha trattenuto alla clinica, arrivederci a presto, un bacio.

La sua camera al quarto piano di un altissimo edificio costruito negli anni sessanta lungo le vie laterali di quello che fu il primo centro di Durban quella sera gli sembrava ancor più angusta del solito. Il resto dell'appartamento del resto non permetteva altri sfoghi, c'erano solo altre due stanze una delle quali era la cucina. Guardando dalla finestra vide come ogni epilogo di giorno la polvere di diamanti trascinata dal vento che stava per raggiungere la città per poi coprirla con il suo sapore di uova marce e i suoi facili riverberi ad effetto dai quali nascevano piccoli arcobaleni che si stagliavano su ogni volto esposto alla luce come per rammentare ad ognuno che la ricchezza avrà anche i suoi difetti ma del resto è pure tanto bella, quasi come l'animo di chi l'abbia sempre odiata andandosene a sera starnutendo fra la sua polvere verso un proprio qualsiasi futuro di strade asciutte od umide, belle o brutte non importa, basta che portino lontano da qui.

Solo che lui non poteva andarsene definitivamente. Non poteva farlo, davvero.

Il giorno seguente telefonò in ospedale dicendo che non poteva andare al lavoro, noleggiò una macchina e si diresse verso nordovest, la terra delle formiche, delle miniere e dei fiumi che chissà se un giorno sono mai esistiti o soltanto sogni nelle memorie di tribù di cacciatori di conigli e bufali dalle sopracciglia arcuate e dal vago odore di erba appassita.

E così furono chilometri pieni di solitudine assoluta se si eccettuano le sempre invadenti gestrici di occasionali hôtel lungo le strade statali della sua disperazione, del pensiero fisso a Carla col suo stesso cognome e delle impossibili curve che non avrebbero mai potuto esser descritte a parole, e allora cristo, se l'ami così tenta l'unica cosa che è possibile inventare, sposala e così la potrai sempre vedere, sposala e poi magari spera che un giorno la possano pure fare uscire oppure almeno trasferire in Italia che in fin dei conti prima o poi entrambi sarebbero potuti anche tornare. Sempre che lei sia d'accordo.

  

 

Lo era, anche se non fu facile farle accettare l'idea. Ci conosciamo così poco in fondo, solo alcuni giorni passati al mare anche se ti amo certo che sì e poi sei sicuro di poterti fidare di me, ma certo sciocchina, sicuro che un giorno non ti possa di nuovo tradire, ma suvvia, sono convinto che è impossibile, e allora forza mio sciocco e credulone amore, facciamolo e che sia per sempre angelo mio e che tu non pensi mai a fuggire oppure a tradirmi, ma come potrei mia dolce colomba dagli occhi d'azzurro, facciamolo e giura che ogni volta che ci parliamo mi guarderai negli occhi, che non ti addormenterai mai voltandomi le spalle, che accudirai i nostri figli e a sera guarderemo insieme i film di Truffaut e li impareremo a memoria e poi ogni altra cosa che amarmi implicherà, lo giuro. A proposito, mio tesoro scioccone, credo che dovrai sposarmi vestita di bianco e pure in chiesa. Stavolta fu lui a rimanere esterrefatto.

Accadde in un giorno che era maggio per caso e del fatto che non poterono passare la notte insieme non ne fecero un dramma e certo ogni madre del mondo che adesso sta leggendo sarà certamente commossa. Questa è la vita signore e signori, venditori ambulanti al tramonto per le terre di Toscana e baci dati a spose che stanno piangendo.