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Quand'ero piccolo ed ancora niente mi faceva presagire l'esistenza di questo bar e degli anni che vi avrei trascorso tentando in qualche modo di rendere plausibile l'impossibile, accettabile in una sua particolare realtà un fumoso gioco di specchi che solo raramente riesce a lambire l'esistenza, allora, lontano da qui e da questa vita con troppe coincidenze che a volte scoraggia solo a narrarla, pensavo davvero che non vi fossero altre possibilità, in un mondo che allora e forse sempre non mi parve mai troppo vasto, che non si risolvessero negli estenuanti giochi e giravolte di ragazzi a cercar baci oppure di anziani intorno a un tavolo di carte, che insomma la vita non permettesse proprio altre sfumature se non quelle che possono accadere nei dintorni di un bar di paese inizio anni settanta con le acacie lente al vento dell'estate e baristi impassibili che prima o poi certo ti avrebbero offerto da bere un amaro al posto delle solite aranciate e delle cosce di lei sottanina a pieghe e brividi sulla pelle senza neanche immaginare che pure tanta vicinanza fin da piccoli non mi avrebbe mai permesso di poterla amare perché da bambini ci si distrae e da grandi oramai lei non c'è più e il ricordo duole ancora, anche se c'è di mezzo il mare e tutti i suoi seni ricoperti di stoffe variopinte, che insomma tutto si sarebbe potuto risolvere nell'averla e fare figli con lei e vederla invecchiare mentre a sera sarebbe sempre stato lì il richiamo di un bar dove poter finalmente sfidare Mario o chi per lui nella nostra maturità di giocatori di biliardo, e certo a qualcuno sarà successo e l'avrà avuta allora e per sempre ma per me non fu così perché il tempo incalzava e capelli biondi ed altri bar erano sempre pronti in ogni via o campo di erba medica, lì, a farmi ricordare che c'era sempre un luogo dove poter tornare anche se non bisognava mai farlo e che in fondo anche se tutto certo si ripete non è mai uguale.

     Sì, quando ero ancora un bambino, non avrei mai potuto neanche immaginare che un giorno vicino oppure lontano me ne sarei andato, e non solo, che non sarei mai più potuto ritornare in virtù del fatto che più ami i tuoi amici ed amiche delle molteplici infanzie fino all'università, più li ami insomma e meno sopporti il fatto che ti abbiano deluso, che siano invecchiati e non più gli stessi delle domeniche pomeriggio in traghetto verso i cinema della periferia di una città sempre vicina sì ma che non riusciva mai a lambire con i suoi meravigliosi eccessi le vite al di là del mare. Amarli così tanto da non poter ritornare, magari star vicino a loro così pochi chilometri e la mattina in auto passar davanti alle case che li vedono vivere, ma in ogni caso no, non poterli rivedere più.

   Strano destino in effetti. E c'è chi dirà che in fondo tutti noi cambiamo, che mutiamo opinioni e che perdiamo i capelli e forse con qualche chilo in più e una speranza in meno raggiungiamo placidamente gli anni che vanno verso i quaranta e poi oltre fino all'argento delle nuvole di automobili da ingrassare e lucidare e certo che è nuova ha fatto così pochi chilometri, l'ha tenuta una coppia di anziani signori. Concessionari senza cuore. No, non lo potrò mai accettare, che finiscano pure nell'oblio di romanzi narrati senza di loro, che diventino conservatori e che gli caschino sul tavolo da ramino gli spessi occhiali da miopi addormentati alle dieci di sera di un rituale che è già finito adesso, che invecchino pure non suonando più le canzoni dei Beatles oppure soltanto quelle, che si divertano ad andare in gita con le mogli il sabato pomeriggio perché la domenica c'è troppo traffico, che facciano quel che vogliano purché io non li veda, che non sia costretto ad ucciderli per levarmi dal cuore la pena di vederli così, con tutto ciò che hanno guadagnato dal mondo, con quello che si meritano per gli anni di onesto lavoro, due anni di marchette in più per ogni cosa che hanno sperato accadesse.

    Ma in fondo a chi interessano, in questo bar, i motivi che hanno spinto la mia esistenza verso altri spazi geografici che non fossero quelli della mia infanzia che visse in luoghi così simili a questo se non fosse per l'acqua certo allora più trasparente a causa della violacea profondità di un tempo di parole su quaderni a quadretti davanti a maestri calvi, a nessuno certo può venire in mente di soffermarsi adesso con curiosità sui pomeriggi di un bambino lontano mai conosciuto e del resto è bene così, tutto a vantaggio della narrazione affinché non si confonda ulteriormente la trama.

    Anche se del resto stasera è proprio difficile parlare di Nicola, forse perché come al solito è tornata l'estate e tutti noi siamo un po' svagati, soprattutto dalle ragazze che alla sera affollano il locale, benedetto il giorno in cui fu deciso di mettere il banco dei gelati, e son tutte belle con le loro maglie colorate e la pelle dorata d'un colore che solo possono avere le donne di mare e magari sono le figlie di così lontane amicizie che si possono ricordare solo con i puntini delle carte geografiche quando indicano i paesi, e ci si scusi l'eccesso sulla precedente affermazione dell'omicidio, solo un momento di rabbia, chi vale una pallottola vale anche un amore e quindi non è proprio il caso, il ricordo può ampiamente bastare, e chiamate pure Michelle e le sue amiche al tavolo, sono alcune sere che vengono qua e ormai hanno pieno diritto di partecipare alla narrazione anche se dovremo parlare lentamente, sono americane, e ci daranno così l'occasione di affrontare argomenti inediti, forse più stuzzicanti, ma chissà se anche loro da una qualche parte hanno un paese in cui non poter ritornare, neanche per scherzo certo, nemmeno per salutare, la vita è troppo seria per essere trattata superficialmente.

Hanno detto stasera in televisione che le alghe mucillaginose sono apparse anche sui fondali del nostro mare e l'argomento ci è subito parso meritevole di approfondimento, anche per non tediare subito le nostre ospiti con storie d'amore ma più probabilmente per il fatto che siamo testardi ed i fatti impossibili a spiegarsi ci spingono subito alla ricerca di un'interpretazione plausibile, fosse solo tale per quel terzetto di ubriachi che allieta le nostre sere d'inverno sul molo insieme ad ascoltare il vento. Ma dicevamo le alghe. Chissà se ve ne fossero anche nele acque di palude che un tempo attraversavamo per andare a Roselle dove c'erano ancora architetti che sognavano circhi e le stoffe venivano scambiate col piombo. Forse è il destino delle acque strette e basse prima che vi arrivi la terra, E così le alghe, per ineccepibile deduzione, sarebbero l'elemento attraverso il quale Dio ritiene di disfarsi dei porti. Probabilmente non gli piacciono, ed in questo avrebbe mille ragioni poiché quelle zone di terraferma indecisa dove sorgono abitazioni che guardano il mare e che vengono di solito liquidate superficialmente col nome di porti, sono in realtà luoghi che non riescono ad esprimere quei sentimenti neutrali che forse piacerebbero a lui; nei porti insomma non si puo star nel mezzo, o si ama o si odia, tutto è estremo e definitivo, come i giochi nell'acqua da bambini che poi non si dimenticano più oppure le partite a carte che da sole posson decidere la vita di un uomo nel senso del mantenimento o meno di un'amicizia nata magari vent'anni prima. Ma come sempre c'è anche l'ipotesi opposta e ciò potrà forse apparire strano a Michelle, probabilmente abituata a luoghi dove le morali almeno sono definitive, ma non farci caso biondina adorabile, quaggiù a bordo dei mari tiepidi tutto è sempre anche il suo contrario. Dio insomma, tramite le alghe, mirerebbe alla creazione di innumerevoli laghi o penisole, tenterebbe cioè di aumentare le possibilità attraverso le quali giustificare la creazione di nuovi porti, giustificazioni da operetta certo, ognuno di noi sa che il motivo per la creazione di un porto non è mai economicamente o geograficamente spiegabile del tutto ma descrivibile solo con la particolare passione per il mare di alcuni gruppi di uomini; però l'aumento delle coste potrebbe essere benissimo il pretesto attraverso il quale chi non ha ancora potuto vivere in un porto inizi a pensarci. E questa in fondo è la spiegazione che più ci affascina, abbandonare la pur giusta e comprensibile preoccupazione per le qualità morali di chi abiti lungo il mare a favore di tutto ciò che di bello vi puo essere in uomini e donne che al primo vagito han sentito subito odore di salmastro e fino alla fine non l'hanno dimenticato più. Questo sì sarebbe degno di lui, all'interno di una visione propedeutica per l'intera umanità: infatti pur tra gli infiniti difetti che vi si posson riscontrare è innegabile che l'effetto di intenerire alcuni cuori gli infiniti tramonti sull'acqua di un'intera esistenza lo possono ottenere. Chissà se in paradiso vi sian sempre tramonti di stelle gialle come la nostra oppure azzurre o violette, chissà che le sue acque non sappiano davvero di sale.

   Ma come al solito la televisione ci ha portati fuori tema e del resto le discussione teologiche sulla possibilità o meno di poter interpretare la sua volontà non sono mai state il nostro forte.

    Eravamo dunque a parlar d'infanzie e poiché ognuna di esse ha il suo ovest è possibile anche che un giovane evaso si rechi là solo per soddisfare l'infantile desiderio di fare il gaucho, irrealizzabile in Maremma a causa di evidenti difficoltà con la giustizia. Certo, in fondo quale miglior pretesto di una condanna per assassinio per non ritornar più lì, in mezzo a tutta l'infinita ripetitività che offrono le vite di paese anche se già sapeva quanto immensamente e per sempre gli sarebbe mancato lo sciocco luogo dei suoi primi amori.

    Ma bando alle malinconie.

 

 

   

    Tralasciando l'incontro con padre Antonio, l'uomo che lui conobbe poco dopo il suo arrivo e attraverso il quale noi siamo riusciti persino a ricostruire particolari inediti della sua evasione, argomento che peraltro non ha mai interessato neanche il maresciallo Di Giovine a causa forse della sua particolare e certo infantile propensione di lasciate perdere i particolari e su proseguite il racconto che voglio sapere come stasera va a finire, tralasciando insomma quasi del tutto il frate e dicendo solo che fu lui a trovargli lavoro tramite certe sue conoscenze all'interno del mondo degli allevatori, lo ritroviamo così dopo solo alcuni mesi da quando aveva raggiunto l'altra costa dell'oceano già a bordo di un treno diretto verso il centro del paese incontro agli altipiani che avevano da sempre mal digerito l'abbandono degli alberi causato dall'arrivo delle mucche e dei cavalli e del tabacco e del caffè anche se quest'ultimo invero faceva sì che l'aria spesso avesse un buon aroma.

   Era insomma la mattina del tre giugno e lui si dirigeva verso nordovest. Aveva in valigia poche cose, abiti che di solito il frate usava donare ai poveri, qualcosa di pesante perché certe sere dell'interno ancora erano fredde, una bibbia che il religioso gli aveva ordinato di leggere non appena ebbe saputo chi era, spazzolino dopobarba rasoio sapone e due foto da macchinetta automatica prima di passare la frontiera che le altre due le aveva inviate a lui e in fondo chissà perché, non avrebbe certo più potuto rivederlo e i capelli e i baci di entrambi sarebbero diventati grigi con in mezzo un oceano e troppi anni di lì a poco enormemente lunghi da attraversare.

    Nel suo scompartimento c'era una ragazza. In ogni scompartimento di treno del mondo c'è sempre una ragazza. E che ti guardi oppure no in fondo è sempre lo stesso, rimane il dubbio di poterla amare e che magari lei sarebbe stata perfetta mentre il treno sdrucciola attraverso colline da plastico di amatori e la sua fermata si fa sempre più vicina con insieme un paese che l'aspetta e magari una famiglia e un uomo oppure tanti altri se fosse possibile esser tutti e tutte amarle senza negare baci a nessuna e sguardi che non dovresti più evitare perché promettono qualcosa in questo schifo di tempo che viviamo e che ci obbliga sempre a scegliere dimenticando ogni tristezza alla quale l'avresti potuta strappare ed ogni felicità che lei avrebbe potuto essere e a quanto sembra neanche in Sud America è possibile dimenticare ogni attimo chi siamo ed esser così sempre diversi e tutte farle sorridere ma sveglia perdìo che altrimenti è già finito il viaggio e neanche hai potuto ascoltare la sua voce certo da sogno, di quelli che solo nei primi di giugno sono possibili ed hanno qualche probabilità di divenire reali . Sì, lei scendeva ad Atalaia.

    Il suo viaggio diventò così improvvisamente breve, come se fosse salito a Campiglia e sceso a Quercianella in quegli anni mentre l'uranio veniva mescolato nelle centrali e a fine mese lui e gli amici andavano a trovare Elisabetta. Scendevano dal treno e poi, in sostanza, rimanevano lì, sia perché la tenda come al solito la piazzavano accanto alla stazione per merito della fontanella, sia perché in nessun altro luogo l'avrebbero potuta incontrare in quanto era sorvegliatissima dalle suore e a volte lui pensava che forse era ancora troppo piccola ma in fondo i suoi baci meravigliosi anche se di sfuggita. Non sappiamo come si chiamasse la ragazza di quello scompartimento di treno dei suoi infiniti secoli di fuga lontano dall'odore di terra fradicia dei temporali di settembre che preannunciavano i funghi sul monte Capanne, non ne abbiamo la più pallida idea e non perché fosse un'avventura fugace ma più probabilmente perché in mente rimangono solo i volti di quelle bambine di un tempo e così forse anche lui stesso la dimenticò dalle lettere con le quali ricostruiamo la sua avventura e quindi è certo soltanto che nonostante il probabile e magari innegabile fascino di quella sconosciuta e le dolci parole e i suoi sorrisi egli avrebbe voluto davvero che la prossima stazione incontrata da quel treno fosse soltanto e per sempre quella di un paesino del Tirreno dagli anni lunghi e le estati troppo brevi per poterle scordare anche se son passati vent'anni, diavolo, come se ne va il tempo.

 Mentre il treno dondolava attraverso quello sfacelo di pianura sterminata ed affascinante come solo puo esserlo il piatto per qualcuno abituato al mare, Nicola ebbe un tempo quasi infinito per meditare su ciò che era stato e che in fondo l'aveva condotto sin lì. Oh, finalmente un accenno di riflessione, forse di rimorso o almeno di rilettura del passato, ma non precipitiamo, Nicola non è mai stato troppo incline verso questo genere di sentimenti e capiamo certo l'apprensione del maresciallo dovuta al suo carattere che vorrebbe un bel rimpianto e così non ne parliamo più, si calmi signor Alberto, che con uomini di questo genere non bisogna aver fretta e poi sarebbe troppo difficile cercare di spiegarle che le morali non sono tutte riconducibili a quello che le hanno insegnato da giovane al corso per allievi sottufficiali e che la vita spesso è più bizzarra e tortuosa, ma abbia fiducia, vedrà che presto lo imparerà da sé, non è mai abbastanza tardi.

    Nicola così guardava al di là del finestrino pensando a quello che era accaduto, alla bizzarra evoluzione della sua vita che era stata fino ad un certo punto illusoriamente lineare. Certo, da quel punto in poi tutto era cambiato, ma lui amava pensare fosse stata colpa del destino e non gli si fossero mai presentate altre possibilità che avrebbero potuto condurre altrove da quella mattina di piazza di banca di un tempo intermedio fra l'estate e l'autunno. Nessun'altra possibilità quindi per lui e certo che si sbagliava, mille altre vite avrebbe potuto vivere e forse anche persino visse, ma di certo restava quella consolazione che da tempo aveva invaso il suo animo: in qualsiasi punto dell'esistenza ci si trovi si puo sempre ricominciare e in fondo ogni treno della terra porta ad una fattoria nell'interno del Brasile.

    Così lentamente Atalaia divenne per lui come una specie di terra promessa da dèi nei quali peraltro non credeva. Un luogo dove, pensava il riscatto sarebbe stato possibile nel ritorno ad una vita che mai più avrebbe contemplato eccessi. Bizzarro, certo, supporre che il lavoro di mandriano in una fattoria dove viveva un altro italiano avrebbe potuto essere tutto questo, ma in fondo ognuno di noi coltiva sempre illusioni che peraltro a volte anche si avverano e così buona fortuna caro Nicola, e che la sorte sia con te.

    Quando scese finalmente da quel treno salutò occhi scuri con fare distratto, ci sarebbero state altre occasioni per incontrarla, adesso doveva raggiungere la fattoria. Magari l'altro  stava attendendolo per cenare.

 Certo, un'occasione come quella capitava di rado, uno nato nel  tuo stesso paese e che ha un nome identico al tuo. Chissà,  magari avranno pensato di essere anche lontani parenti. Così  entrambi di lì a poco si sarebbero salutati con affetto, nessuno  dei due probabilmente notando somiglianze fra loro che andassero  al di là del nome, e certo uno aveva gli occhi leggermente più  scuri e lo sguardo cupo mentre l'altro era forse meno massiccio,  gli occhi distratti, una pettinatura con riporto per nascondere  un'evidente stempiatura che invece il primo non aveva difficoltà  a mostrare e magari ad ostentare.