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Quando Carla quel giorno, il primo, andò a trovarlo nella sua fattoria, le sembrò di entrare in un luogo che assurdamente le ricordava l'infanzia. Non c'erano in realtà né all'esterno dell'edificio né al suo interno elementi ben definiti che le potessero far pensare questo, solo l'aria, diciamo, e forse quell'uomo addormentato sulla sedia a dondolo di vimini posta sotto alla veranda proprio in faccia alla prateria che, volenti o nolenti, un po' assomigliava davvero al mare.

Naturalmente, appena lei arrivò lui non si accorse di niente e così Carla ebbe modo di sbirciare all'interno della casa, quasi di soppiatto, come se fosse un gioco lontano e magari ci fosse stata qualche madre ad accoglierla all'interno, fra l'incredibile ammasso di mobili e cianfrusaglie che quasi ostruivano il passaggio, con i divani ricoperti di stoffe a fiori e le tende sventolanti all'aria calda del primo pomeriggio e chissà se davvero davanti alla finestra a ricamare iniziali su cuscini ed asciugamani un giorno c'era stata una mamma o avrebbe avuto tutto il tempo di esserci da qui in avanti. Ma che pensieri sciocchi, piuttosto, andiamo a svegliarlo.

" Nicola..."

Lui stava dormendo con la bocca semi aperta e così profondamente che lei fu quasi costretta ad urlare.

" Nicola! "

" Oh, ciao tesoro, scusa sai ma mi ero un po' appisolato ".

" L'avevo visto, sciocco ".

" Sono contento che sei davvero venuta ".

" Perché, ne dubitavi forse? "

" No, no, ma sai, una bella ragazza come te, accettare l'invito di un vecchio rudere che si addormenta dopo pranzo, non sarebbe davvero stato impossibile che tu, pur promettendolo, non fossi mai venuta ".

" E dai, smettila di commiserarti, lo sai che ti voglio bene, e poi non barare con la storia del rudere, lo so benissimo che ti alleni come un forsennato per tenere tutti i muscoli a posto ".

" Già, sarà il desiderio di piacerti ".

" Lo sai Nicola che fare il don Giovanni non è il ruolo che ti si addice di più, sembra sempre che ti scappi da ridere ".

" Hai ragione, è meglio smetterla con queste smancerie, sarà che sono ancora assonnato. Dai, entriamo a berci un caffè".

Così si alzarono un uomo e una donna qualunque in un qualsiasi pomeriggio del mondo incontro ad un tavolo da sala da pranzo con in mezzo dei fiori secchi in vaso smossi da un leggero tremolio di vento che sapeva di campagna mentre altrove le titaniche masse dei missili muggivano rotando sui loro enormi piedistalli di puntamento, i monaci tibetani si incamminavano attraversando lunghi corridoi e giardini con fontane di fiori per andare a prepararsi il thè, le manifestazioni contro oppure a favore del regime si svolgevano in ogni parte del mondo dove non fosse estate, i padri truccavano i bambini da tifosi per poi arrampicarsi insieme su autobus desolati verso l'ineffabile inesistenza di campi di calcio con sopra pedine colorate, i cacciatori della savana pisolavano sotto gli alberi attendendo, i turisti a Parigi controllavano l'orario di apertura dei musei, i capitani delle navi da crociera si intrattenevano con gli ospiti nelle sale da gioco, le truppe degli eserciti regolari e non innestavano i caricatori adesso che la pausa del pranzo era finita, i traghettatori di fiumi lenti e sonnacchiosi attendevano i loro clienti pescando appoggiati alle balaustre delle loro chiatte, e di tutto questo a loro niente importava, nessuna figura dell'immenso mondo riusciva ad entrare in quel soggiorno di casa di pianura vasta dove un uomo annaspava cercando il barattolo del caffè mentre lei si stupiva curiosando fra la sua raccolta di dischi e scoprendo che avevano gli stessi gusti musicali. E questo non accadeva perché entrambi fossero insensibili ai problemi ed alle gioie dell'umanità, oppure a motivo di una loro reciproca attrazione che tutto avrebbe escluso, ma solo perché alle due del pomeriggio il tempo si immobilizza e non permette mai di pensare ad altro che non sia vacillante nella geografia di spazio angusto e piacevole dei pochi metri da qui all'esterno di una casa in sudamerica costruita per metà in muratura e per l'altra in legno.

 

  

Mentre bevevano il caffè lui le disse:

" Tesoro, ormai è un sacco di tempo che ci conosciamo e non mi hai ancora detto come hai fatto ad arrivare fin qui. Il mio motivo te l'ho già spiegato, è stato quasi esclusivamente finanziario, ma tu, per dirla in breve, che ci fai in un posto come questo? "

Carla attese un attimo prima di rispondere. I suoi occhi sorridevano divertiti mentre lo guardava dal di sopra della tazzina di porcellana a fiori blu.

" Com'è possibile che tu ancora non sappia che l'ho fatto per te?"

A lui non passò neanche per la mente di crederle, mentre lei continuava.

" All'inizio il Sud America  è stato quasi un caso, come altrettanto casuale è stato il mio arrivo ad Atalaia. Come saprai, lo sa tutto il paese, vi arrivai in compagnia di un uomo, ma poi il mio rapporto con lui divenne improvvisamente sfuggente e la consistenza cominciarono invece ad averla  i contorni di questo paese che sicuramente non è neanche sulla carta geografica ".

Carla si accese una sigaretta e sfruttò così quel gesto per fare una breve pausa. Voleva che lui prestasse attenzione a quello che aveva da dirgli.

" La mia decisione la presi la mattina dopo essere arrivata. Non appena seppi che qui vivevi tu. Forse sarà stato il bisogno di un padre lontano e che si chiamava proprio come te ".

Allora le credette. Non era possibile mettere in dubbio quelle parole ed altrettanto difficile poterle rispondere.

Si alzò, le prese la mano e l'accompagnò fuori sulla veranda. Nella fattoria non c'era nessuno e la luce era così forte da far male agli occhi. Le passò un braccio dietro la vita, lei si avvicinò ed appoggiò la testa sulla sua spalla. Lui iniziò ad accarezzarle i capelli.