Carlo non arrivò mai ad Atalaia.
Non sfiorò neanche quei luoghi dove loro intanto continuavano a suonare le canzoni di Caetano Veloso in jukebox scalcagnati completamente indifferenti al passare del tempo, del vento, degli anni e degli amori.
Non vi arrivò perché in realtà mai partì. Sognò di farlo, questo è vero, praticamente ogni giorno della sua vita, davanti al libeccio o con la schiena e il torace sudati nel tempo dell'inferno maledicendo accuratamente tutto ciò che da sempre gli aveva impedito di andarsene e non intuendo se non rare volte che l'unica ragione era quella che si portava dentro in un carattere inguaribilmente da sedentario senza che nessuna donna del mondo riuscisse a schiodarti, nessun dramma a colpirti così profondamente da farti davvero decidere, piccolo mio, ed allora ti inventavi scuse davvero incredibili, e sminuivi, limavi ogni possibile appiglio per riuscire a dimostrare a tutti che sì che l'avresti fatto e stavolta eri sul punto di farlo davvero ma in fondo non ne valeva la pena.
E riuscisti così credibile in tutta la tua vita da far sempre dubitare a ciascuno di noi della tua effettiva presenza. Non eravamo mai certi se tu davvero e stavolta per sempre fossi partito. Costruisti intorno alla tua fuga un'architettura meravigliosa fatta di luoghi lontani e di lettere, di storie d'amori incrociati nei quali tutti ci perdemmo fino al raggiungimento del tuo obiettivo che non era quello di confonderci ma di farci comprendere al di là di ogni ragionevole dubbio che tu in ogni modo ci avresti voluti perdere ma allo stesso tempo non lasciarci mai.
Atalaia così semplicemente ti dimenticò, ritirò le sue coperte di lana pronte ad accoglierti, nascose per sempre le sue feste di primavera e le cosce delle sue mulatte assieme al triste ondulare dei vecchi nei boschi del cacao che confinavano sempre con i prati delle mandrie dai richiami di sax contralto, ti liberò insomma dall'obbligo di raggiungerla e così tu te ne rimanesti qui ad invecchiare con noi nei cinema di ogni giorno accuratamente scartando ogni film che parlasse del sudamerica, bilanciando sassi sulla mano per tutta la durata del tempo fra l'attaccare un manifesto del WWF in ufficio e l'arrivo periodico, nebbioso e curvante degli infiniti traghetti del mondo.
Stava passeggiando sul molo sotto il sole caldo di un giorno di luglio. Sentiva il calore delle pietre penetrargli attraverso le scarpe dalla suola di stoffa, intuiva ad ogni passo le difformità del suolo, i punti nei quali era più levigato, quelli dove la composizione stessa del selciato oppure il tempo avevano disegnato rialzi, avvallamenti o spaccature. Procedeva a passo lento e ogni tanto addirittura poggiando i piedi senza toccare i bordi delle pietre come nei giochi di bambini. Si sedette sul muro che costeggiava tutto il percorso per mettersi un po' con la faccia di fronte al vento e una folata più forte gli portò via il cappello di paglia che finì fra le alghe umide della riva in mezzo a due barche. Scese sui sassi della spiaggia per riprendersi il cappello e mentre si piegava si riempì i polmoni dell'inconfondibile odore delle alghe fresche appena gettate sulla spiaggia. Stava pensando alla bellezza femminile.
Faceva troppo caldo e si avviò verso l'ombra degli alberi della piazzetta. Nel salire le scale appoggiò la mano destra sulla ringhiera di ferro e ne valutò il calore e i pochi pezzi di vernice rossa rimasti sparsi fra la ruggine. In quel momento un gabbiano passò proprio sopra di lui che alzò la testa per guardarlo mentre se ne saliva portato dalle correnti d'aria lungo le pendici della collina. Probabilmente andava dall'altra parte dell'isola. Era da qualche giorno che stava pensando all'argomento della bellezza femminile. In particolare, cercava di valutare degli atteggiamenti particolari di alcune donne belle o che comunque si consideravano tali.
In cima alle scale si rese conto di avere sete. Invece di andare al bar della piazza ridiscese per bere alla fontana pubblica. L'acqua, come sempre, sapeva leggermente di ferro. Prendete insomma una macchina sportiva magari rossa e comunque molto costosa, ne vedrete sempre scendere una donna molto bella. Questo è solo un esempio.
Risalì la scala lasciando sulla ringhiera tracce di umidità che presto sarebbero evaporate. Guardò l'erba che spuntava leggera dagli angoli degli scalini. La bellezza era evidentemente un bene che si considerava potesse essere scambiato con altri beni o comunque indissolubilmente collegato ad essi, almeno in certi casi, e del resto l'esempio delle automobili rosse calzava a pennello.
Poi la bellezza se ne sarebbe andata. All'ombra degli alberi si stava davvero meglio. Un gatto passeggiava accanto a lui fra le piante di lauro nei vasi della gelateria. Dal volto sembrava una gatta, ma era difficile stabilire se fosse bella o brutta.
Anche lasciando da parte le generalizzazioni, resta difficile stabilire con sicurezza perché la bellezza dovesse essere considerata da alcuni in vendita e da altri acquistabile. Uomo o donna che fosse, perché era innegabile che dalle auto costose scendevano anche uomini con le stesse storie di compravendita alle spalle. Anche se a lui riusciva più facile e senz'altro più piacevole pensare alle ragazze. Intanto fra le pieghe del tempo di quella giornata di niente emerse la sirena del traghetto che col suo rumore da bestia fioca bastò a distrarlo. Si mise a leggere il giornale. Accanto a lui si sedette un bambino col giornalino a fumetti appena comprato e che, non c'era proprio niente da fare, doveva essere letto subito.
Lesse le pagine di politica interna e poi andò subito alla pagina degli spettacoli. C'era un solo cinema, d'accordo, ma d'estate faceva una buona programmazione. Forse pensavano che la loro bellezza dovesse avere un senso oltre alle mani che si infilano da dietro le spalle accarezzando da sotto le mutandine il meraviglioso per gli altri inizio delle cosce. Certo pensavano che era solo la ricchezza ed in particolare la sua ostentazione più effimera a poterglielo offrire.
Il senso della bellezza. Concetto davvero arduo. Il bambino accanto a lui stava sorridendo, senz'altro per una delle solite disavventure di Paperino. Ma Paperina, quale concetto di bellezza mai esprimeva? Quello della fidanzata conosciuta da bambini, certo, una papera semplice ma allo stesso tempo affascinante tanto da condannare Paperino all'eterno rivale di Gastone, e qui siamo già nei guai. Senza poi contare il fatto che metodicamente Paperino si innamora di altre, salvo poi a ritornare sempre in famiglia, ma per l'appunto sono papere che anche lì spesso scendono da spider rosse decappottabili.
D'accordo, se non ci fosse l'industria automobilistica magari scenderebbero da carrozze dorate nelle città prima e dopo la rivoluzione francese, da cavalli con finimenti preziosi lungo le nebbie del medioevo, da cocchi sportivi trainati da cavalli bianchi nelle lunghe strade dell'impero di Roma. Faceva davvero caldo, chiese al bambino se desiderava una granita e andò a comprarle per tutti e due. Nei cinque metri che lo separavano dal banco all'aperto del bar non incontrò alcuna ragazza. Ordinò due granite al limone. Quando le prese in mano si compiacque della piacevole umidità emanata dai bicchieri di carta. Tornò alla panchina. Mentre si gustavano le granite chiese al bambino cosa ne pensasse delle donne. Lui rispose che erano assolutamente incomprensibili e che quelle belle, pur se non scendevano da biciclette rosse, lo erano forse più delle altre.
Era certo che il bambino avesse profondamente ragione ma questo non lo portava ad alcuna conclusione e lui, prima di leggersi la pagina della politica estera, voleva arrivare a definire una volta per tutte il mistero che avvolgeva le automobili rosse assieme alle bellissime donne che le abitavano.
Le scollature e le gonne mozzafiato non possono essere indossate in eterno. Si alzò e si avviò verso il lungomare, si stava annoiando lì seduto e poi il bambino se n'era già andato. Oltrepassato il bar pizzeria prese la strada provinciale che, costeggiando il mare, se ne andava verso le miniere e poi oltre fino però ad esaurirsi, senza coronare il suo sogno di circondare l'isola. Alle volte aveva pensato che i lungomare della costa, sulla terraferma, fossero più belli, con tutto quello spazio a disposizione e le spiagge, ma era un pensiero subito allontanato. Una macchina decappottabile lo sorpassò velocemente, il guidatore aveva i capelli lunghi e probabilmente era una donna.
Si potrebbe immaginare la causa di questa ricerca di una soddisfazione ulteriore, e che andando oltre la bellezza in un certo modo la coroni, forse nei fotoromanzi letti da piccola nei negozi di parrucchiera attendendo la mamma, lettura proseguita poi da adulta sempre negli stessi locali mentre si aspetta il risultato della permanente o chissà cos'altro a seconda delle mode per poi andarsene a ballare con il grande amore. Quest'analisi ha il pregio di essere sostanzialmente vera. E' innegabile infatti il ruolo psicotico svolto da tali pubblicazioni nella mente di persone troppo sensibili o facilmente suggestionabili. La macchina sportiva, di lusso, è infatti un topos comune nei fotoromanzi insieme agli amanti biondi e alle ville, con la bellezza delle attrici sempre indissolubilmente collegata a tutto questo. Vi serve una ragione per vivere? Sposatevi un uomo che vi compri un'automobile costosa. Questo è il senso di tutte le storie narrate da quei fogli di carta patinata a colori ed in bianco e nero negli anni sessanta, acquistati all'edicola della stazione ferroviaria prima di andarsene al lavoro fra la mattina delle nebbie di un mondo umido e noioso e faticoso che così antipatico davvero non l'avresti immaginato mai nei campi di fiori gialli della tua infanzia. Da quelle stazioni di continente a passare le estati qui da noi guidando con i capelli al vento il passo è breve se si segue quella strada.
Certo l'analisi sarebbe semplice, ma purtroppo non esaurisce la casistica. Infatti, non è detto che nel negozio di parrucchiera ci vada qualunque ragazza bella, può inoltre capitare che vi capiti qualcuna che non consideri la bellezza merce di scambio, o addirittura chi ricca lo è già.
Ma i mezzi di comunicazione per favorire questi accadimenti possono essere molteplici, dalle opere saponetta in tivù insieme a molti altri spettacoli, telegiornali inclusi, al cinema di modeste pretese, alle discoteche, alle scuole pubbliche o private, ai libri americani o italiani di sicuro successo.
Ecco così che chi scende da un'automobile rossa decappottabile a venticinque anni può, a seconda dei casi, essere andata troppo spesso dalla parrucchiera, piacergli smodatamente Beautiful e compagnia, aver osservato troppo accuratamente durante i telegiornali l'abito delle inviate in zona di guerra, essere andata al cinema solo per vedere i film di e con Adriano Celentano, aver sempre giudicato interessante o meno una discoteca dai ragazzi ricchi che la frequentano, essere andata a scuola con i tacchi a spillo e le calze a rete, aver letto poco e comunque solo i libri che si trovavano negli scaffali all'ingresso delle librerie e preferibilmente quelli che parlavan d'amore, esser da sempre stata ricca e, senza rifletterci sopra più di tanto, piacergli le auto di lusso.
Improvvisamente tutto si fece più chiaro. Il posto buono per finirsi di leggere il giornale era senz'altro la panchina sotto al loggiato accanto al negozio di sugheri. Certo, se fosse davvero un giorno partito per il sudamerica, con tutta probabilità i pensieri di quella mattina non gli sarebbero mai venuti in mente. E' l'ambiente che ti condiziona, che ti porta a pensare, per decifrare la vita intorno a te, cose che da un'altra parte non avrebbero alcun significato. D'accordo, era vero, ma nonostante questo non si poteva far finta di niente.
Certo la bellezza potrebbe non essere il motivo ma solo la conseguenza. Esistono infatti molte ragazze con la stessa ambizione al lusso, solo che riescono a realizzarla solo quelle con particolari caratteristiche estetiche. Un po' come la teoria di Pasolini sui sottoproletari di borgata che, certo immiserita, suonava così: non è determinante la ricchezza o lo stato sociale per essere borghesia, basta solo avene le stesse ambizioni in fatto di stile di vita e di possesso di beni materiali.
Eppure anche questa interpretazione, per l'argomento esaminato, appare riduttiva. Mentre infatti nel caso esposto da Pasolini si tratta di una variazione radicale poi perseguita per tutta la vita, una ragazza che ha sognato da giovane un'automobile rossa decappottabile può senz'altro poi dimenticarla senza subire eccessivi traumi.
A questo punto non si può far altro che esaminare l'ipotesi all'apparenza più allucinante ma che potrebbe risultare decisiva. Che si tratti cioè, complessivamente, di fatti dovuti quasi sempre solo ed esclusivamente al caso. E' in effetti un po' deprimente ammettere che su un episodio tanto determinante debba essere esclusa qualsiasi regia complessiva. Ma resta in fondo da considerare che l'importanza dell'analisi viene motivata solo da alcuni fuggevoli pensieri della mattina del giorno di riposo di un uomo altamente predisposto alla vaghezza e pochissimo portato invece alla considerazione della realtà che altrimenti lo sai da quanto se ne sarebbe davvero andato.
Sul giornale c'era un annuncio che chiedeva fondi a favore dell'elefante africano. Gli tornò in mente che avrebbe dovuto farsi inviare altri manifesti per arredare il suo ufficio. Nello stesso tempo gli balenò un pensiero estremamente piacevole: chissà quante ragazze bionde o brune su automobili rosse indossavano cappellini del WWF. Avrebbe dovuto conoscerne qualcuna.
Ad Atalaia, dove non c'erano sezioni di circoli ambientalisti, nessuno lo rimpianse. E poi erano così impegnati che non ne avrebbero avuto neanche il tempo. Neanche a Durban del resto di sentì molto la sua mancanza, come ugualmente accadde in tutti gli altri luoghi che lui non avrebbe mai raggiunto. I suoi infiniti amori possibili un po' ne risentirono certamente, ma, come sempre lui sostenne, delle infinite vite che potremmo interpretare riusciamo a viverne esclusivamente una e le altre le possiamo solo raccontare. Sempre che ne valga la pena.