Era un giorno come altri, avevo poco più di ventanni e poco meno di trenta, l'età che gli hippie decisero facesse da spartiacque fra la possibilità o meno di fidarsi delle parole di un uomo. Ma io in fondo non avevo da parlare molto, un barista deve soprattutto saper ascoltare. Avevo la licenza in mano da pochi giorni, contattai gli operai per ristrutturare il locale, anche se quel giorno stava per piovere ero sicuro che per la prossima estate ce l'avremmo fatta.
Ho avuto un solo amico in vita mia ed in fondo me ne dolgo perché le infatuazioni amorose sono fugaci mentre le amicizie danno sicurezza. Quando avevamo sedici anni gli regalai un libro e fu l'unico romanzo che lui lesse in tutta la sua vita. Non so perché, forse per mancanza di applicazione o magari perché quel primo approccio letterario era stato totalmente esaustivo. Mi è sempre piaciuto pensare che la seconda ipotesi fosse quella giusta, soprattutto quando i vetri del bar si stanno appannando per l'incipiente arrivo dell'autunno e non basta più pensare ai sottili fili di sudore che scendono lungo la linea laterale del collo mentre loro si scansano i capelli non aspettando, te ne prego, altro che un bacio.
In verità, all'inizio non mi accorsi di niente. Non c'era assolutamente motivo di percepire la possibilità del destino avverso, o sublime, che Rolando ebbe nei confronti dei romanzi. Anzi, dopo questa prima lettura si dimostrò talmente entusiasta da farmi scegliere come regalo per lui sempre un libro di narrativa. Non solo, lui addirittura si abbonò per posta a quei circoli letterari che ogni due mesi ti inviano un libro. La sua stanza da scapolo che divideva insieme a sua sorella più piccola si dotò persino di una piccola libreria che, stretta ed alta, saliva fin quasi al soffitto ospitando copertine d'ogni colore che indicavano romanzi provenienti da molteplici narrative. Rimasero tutti lì, immobili, attendendo. Solo dopo un'infinità di tempo ed esclusivamente per caso scoprii che in realtà nessuno di quei libri era stato mai letto.
L'infinito quindi, per Rolando, consisteva nelle appena 169 pagine di quel suo primo incontro. Tutta la vita era lì ed ogni sua elaborazione successiva ne appariva del tutto conseguente ed ineludibile. L'estrema naturalezza con la quale lui accettò questa scoperta, senza mai nemmeno confidarmela di sfuggita, come se fosse cosa assolutamente trascurabile, mi fece credere che avesse ragione.
Allora non lo sapevo, ma fu probabilmente per questo motivo che aprii il mio bar e che poi successivamente non lo volli mai abbandonare. Se nel mondo personale di ciascuno puo esistere una condizione di assoluto privilegio, un osservatorio da dove poter conoscere ogni cosa perché senz'altro lì è accaduta o accadrà, per me il luogo era quello. Non mi restava altro da fare che sostare cercando di capire.
Da quel giorno sono trascorsi un'infinità di tempo ed altrettante eventualità che non sono riuscito ad afferrare o magari a comprendere pienamente, ogni turbolenza di tutti i vostri oceani si è risolta in quel gioco di specchi dove si riflettono quelle onde che mi hanno visto crescere, ogni filosofia o morale si è prima evoluta e successivamente sfumata nell'oblio sulle panchine verniciate di verde proprio qui di fronte, ho conosciuto innumerevoli amori ed altrettanti mi sono sfuggiti, avrei persino potuto metter su famiglia ma questa infinita conoscenza mi ha distratto, sono stato complice di adultere ma non ho mai conosciuto il peccato della menzogna, forse avrei persino potuto diventare un santo, se magari avessi voluto, ed intanto resto qui seduto alle sei del pomeriggio di un giorno di inizio primavera, sto preparandomi un caffè, sto ricordando le possibilità che ho conosciuto e, anche se di molte non ho scoperto la destinazione poco importa, perché domani non è un giorno come gli altri, è il 14 aprile, un giorno speciale, il compleanno di una delle gatte.